di Leo
Turrini
Non c’è bisogno di essere tifosi dell’Inter per cogliere la suggestione della analogia. In breve: per vincere lo scudetto, Suning, il padrone cinese della Beneamata, ha scelto di affidarsi ad Antonio Conte e a Giuseppe Marotta, gli artefici della rinascita della Juventus.
Adesso, in un’altra dimensione, i nipotini di Mao che hanno puntato sull’Emilia, la Terra dei Motori, per lanciare la super car elettrica, beh, hanno optato per lo stesso schema. Silk-Faw, la joint venture tra l’americana Silk Ev (ingegneria e design automotive), e Faw, uno dei maggiori produttori automobilistici cinesi, prima ha definito i confini dell’investimento (1,3 miliardi di euro) nel futuro: stabilimento alle porte di Reggio Emilia, partnership trasparente con gli enti locali. E mille posti di lavoro creati ex novo, per costruire eleganti vetture spinte da batterie modernissime. Dopo di che, ecco... Marotta e Conte.
La joint venture sino-americana ha anzitutto sottratto alla meritata pensione un signore che si chiama Amedeo Felisa. Chi conosce storie e dinamiche dell’automotive sa che non si tratta di un nome qualsiasi. Scuola Alfa Romeo, una cultura tecnologica impressionante, Amedeo Felisa è stato il vero, silenzioso (non ha mai amato la ribalta, ci volevano le tenaglie per strappargli una dichiarazione!) artefice del miracolo Ferrari all’alba del millennio nuovo. Prima direttore generale e poi ad del Cavallino, c’era Felisa accanto a Montezemolo, quando l’azienda di Maranello rinnovò clamorosamente e spettacolarmente la gamma dei modelli. Da poco più di 2mila a quasi 10mila auto vendute all’anno: un miracolo italiano, altro che.
Sergio Marchionne fece di tutto per trattenere Felisa, poi congedatosi per raggiunti limiti d’età (e anche per legittime perplessità sulle strategie del compianto successore di Montezemolo). Adesso Felisa ha accettato di fare da consulente per gli elettrici cinesi. Qui si presume che non si limiterà a dare consigli.
Finito? Eh, no. Dopo... Marotta, ecco Conte. Silk-Faw ha ormai perfezionato la trattativa per mettersi in casa un ingegnere geniale. Italianissimo di Toscana, per anni Roberto Fedeli è stato il direttore tecnico del prodotto Ferrari. Ciò che Montezemolo e Felisa pensavano, lui lo realizzava.
Nel 2014, l’ingegner Fedeli si trasformò in cervello in fuga: Bmw gli affidò la gestione dei progetti in materia di elettrificazione. Ma Marchionne lo convinse a tornare in Italia, delegandolo al rilancio del marchio Alfa Romeo. Poi il passaggio alla presidenza del Centro Ricerche e Sviluppo di Fiat Chrysler, con uffici a Torino e Detroit. Ma l’integrazione tra Fca e Peugeot, con nascita della conglomerata Stellantis, ha spostato verso la Francia i meccanismi decisionali: del resto, non è che gli Agnelli-Elkann abbiano mai brillato per attenzione alla innovazione, vedi i ritardi accumulati dal gruppo ormai ex torinese sulla frontiera della mobilità green. Roberto Fedeli vive dalle parti di Albinea, sulle colline reggiane. È un chitarrista strepitoso, quando era in Ferrari creò una band aziendale (la Red House Club Band, cantavano e suonavano ingegneri e meccanici) e di lui Montezemolo diceva: "Con i riff è bravino, per fortuna sulle macchine è più bravo". Adesso, senza allontanarsi tanto da casa, andrà a costruire l’auto elettrica cinese Made in Emilia.