Martedì 23 Aprile 2024

ll decreto del Primo maggio. Aiuti e tagli al cuneo per 5 miliardi

Il reddito di cittadinanza diventa ’reddito di inclusione’. La pressione fiscale cala di quattro punti. Aumenti fino a 20-40 euro in busta paga già da giugno. Critici i sindacati: "Siamo stati chiamati a cose fatte"

Roma, 29 aprile 2023 – Un decreto-legge e un disegno di legge: il pacchetto lavoro del governo per il Primo Maggio è pronto. E, nel provvedimento di immediata operatività, verranno inseriti i pilastri dell’operazione: il nuovo Reddito di cittadinanza, ribattezzato, nell’ultima bozza, assegno di inclusione (per cui l’Isee torna a oltre 9 mila euro) e Strumento di attivazione lavorativa, il taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 25-35 mila euro, con l’ampliamento degli sconti fiscali per i fringe benefit per i lavoratori con figli, la revisione dei limiti e dei vincoli delle cosiddette causali per i contratti a termine, per ampliare la possibilità di utilizzarli liberamente oltre i 12 mesi, gli incentivi per l’assunzione dei Neet.

Mentre nel disegno di legge confluiranno gli altri capitoli dell’operazione: dall’aumento della deducibilità dei contributi previdenziali per colf e badanti alla rateizzazione in 60 mesi dei debiti con l’Inps e con le altre casse pensionistiche.

Marina Elvira Calderone
Marina Elvira Calderone

In primo piano, dunque, la nuova sforbiciata al cuneo fiscale da circa 3,5 miliardi di euro, se non di più. L’obiettivo è arrivare a 4 punti di taglio in busta paga sia per i lavoratori con salari fino a 25 mila euro sia per quelli che arrivano a 35 mila. In sostanza, gli stipendi netti dovrebbero aumentare da giugno di altri 20-40 euro mensili, che si sommano agli incrementi decisi nella legge di Bilancio.

L’altro piatto consistente del pacchetto riguarda la riforma del Reddito di cittadinanza. Il nuovo intervento, però, non è neanche nato che ha già cambiato nome almeno tre volte. E così, dopo Mia, Gil, Gal e Pal, nell’ultima bozza viene ribattezzato Assegno di inclusione e Strumento di attivazione lavorativa, due formule per le quali si devono decidere gli acronimi da utilizzare.

L’Assegno di inclusione, nello specifico, partirà il primo gennaio 2024 e potrà essere chiesto solo dalle famiglie nelle quali ci sono componenti disabili, minori o over 60 e potrà arrivare a 500 euro al mese moltiplicati per la scala di equivalenza fino a un massimo di 2,2 (2,3 nel caso di disabili gravi). La scala cambia e vale uno per il primo componente, 0,5 per ogni altro componente con disabilità, 0,4 per gli altri componenti over 60 o con carichi di cura, 0,15 per i bambini fino a due anni e 0,10 per gli altri minori. I richiedenti devono essere residenti in Italia da almeno cinque anni e gli ultimi due in modo continuativo. La famiglia deve avere un Isee non superiore a 9.360 euro e un reddito familiare inferiore a 6.000 annui moltiplicati per la scala di equivalenza.

Nel calcolo del reddito sono incluse le pensioni e i compensi da lavoro sportivo nell’area del dilettantismo. Il valore del patrimonio immobiliare diverso dalla casa di abitazione non può superare i 30mila euro e non si possono possedere auto con oltre 1600 di cilindrata o moto oltre i 250cc immatricolati nei tre anni precedenti. La soglia massima dei 6mila euro annui viene incrementata in caso di affitto della casa di abitazione fino ad un massimo di 3.360 euro annui. L’assegno è erogato per un periodo non superiore a 18 mesi e può essere rinnovato, previa sospensione di un mese, per altri 12 mesi.

Per gli occupabili invece arriva lo Strumento di attivazione, che sarà pari a 350 euro ma erogato solo nel caso di partecipazione ad attività formative o a progetti utili alla collettività, per un periodo massimo di dodici mesi. Critici i sindacati. "Essere convocati la sera prima dal governo che la mattina dopo vara un decreto già fatto non è un metodo che ci piace", attacca il leader Cgil Maurizio Landini, mentre quello della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ironizza: "Dopo sei mesi l’esecutivo si ricorda del lavoro". Il capo della Cisl, Luigi Sbarra, richiama al dialogo sociale sul modello Ciampi. La ministra del Lavoro, Marina Calderone, parla di "norme di buon senso" e assicurando che il confronto con le parti sociali "c’è e ci sarà".

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