Villois
Uno dei maggiori rompicapi è stato per decenni l’alto tasso di disoccupazione, soprattutto nel meridione, ma anche nel nord, a causa di continue crisi di settori industriali dagli anni ’90 in poi. Dal dopo Covid è però iniziata una rincorsa che ci ha portato ad una occupazione del 62%, nel settentrione più alta di 10 punti, fissando un record.
Ma c’è un nuovo altrettanto dannoso rompicapo: quello dei salari bassi, che a causa del possente ciclo inflattivo, sta ulteriormente pesando sul potere di acquisto, anche per i prossimi anni.
I salari sono bassi per molteplici e sovrapposte cause tra le quali spicca la pressione fiscale e contributiva. Così come a pesare è la limitata redditività delle imprese, essenzialmente di piccole e medie dimensione, scarsamente dotate di mezzi finanziari propri, che le obbliga ad elevati indebitamenti. Senza dimenticare che la produttività in Italia è mediamente inferiore di un punto e mezzo a quelle dei competitor francesi e tedeschi, situazione che a sua volta incide sui risultati aziendali e sulle possibilità di aumentare i salari del lavoro dipendente.
Correggere queste e problematiche per aumentare la dimensione media salariale è e sarà opera assai complessa. Servirebbe un impetuoso aumento della crescita economica in grado di portare il Pil ad un + 1,5/2% anno, percentuali che consentirebbero alle imprese di aumentare le marginalità e di riflesso i salari e al Governo di portare il deficit di bilancio alla soglia del 3-3,3%, riducendo il debito pubblico di diversi punti per anno, in modo da consentire di adottare una politica fiscale accomodante. Un combinato disposto che, purtroppo, ad oggi appare irreale.