Il turismo straniero tiene a galla l’economia italiana, che nel quarto trimestre fa registrare una crescita vicina allo zero. Il calo del Pil ha raffreddato l’inflazione, che si avvia a rientrare sotto la soglia del 2%, anche se i tassi di interesse resteranno alti per alcuni mesi, penalizzando gli investimenti. Qualche luce e molte ombre nel quadro che emerge dall’analisi Congiuntura Flash del Centro studi di Confindustria, secondo cui l’andamento record del turismo evita la recessione grazie alla spesa degli stranieri, che a settembre ha segnato +11,8% sul 2022 (a prezzi correnti). Questa spesa, se comparata con i livelli pre-pandemia, mostra un +24,5% sul 2019. Che è solo in piccola parte dovuto all’aumento dei prezzi dei servizi turistici (circa il 6% nel 2023). Complessivamente, a fine anno, gli introiti dal turismo straniero arriveranno oltre i 50 miliardi di euro, superando ampiamente i 30 miliardi degli italiani all’estero. Gli arrivi possono ancora crescere, ma le prospettive sono incerte.
"È una fase di stagnazione", sintetizzano gli economisti di via dell’Astronomia: nel quarto trimestre il Pil italiano è stimato quasi fermo, dopo il +0,1% del terzo trimestre. Il rientro dell’inflazione aiuta, ma i tassi di interesse resteranno alti per alcuni mesi e il credito è troppo caro, penalizzando gli investimenti. La discesa del carovita è dovuta all’andamento favorevole di tutte le componenti: i prezzi energetici calano di più (-24,4%), mentre frenano lentamente i prezzi alimentari (+5,8%, contro il +6,3% della rilevazione precedente). Il costo del credito per le imprese italiane è salito ancora (5,46% in media, 5,95% per le piccole), ma si è attenuata la caduta dei prestiti (-5,5% annuo, dal minimo di -6,7%). Le condizioni difficili del credito ne riducono l’uso per finanziare investimenti: quelli delle imprese in impianti e macchinari registrano il secondo calo di seguito (-0,9% nel terzo trimestre), mentre quelli in costruzioni recuperano (+0,6% in fabbricati non residenziali, +0,4% in abitazioni). Gli investimenti totali sono in lieve calo (-0,1%) dopo il crollo (-2%) nel secondo trimestre.
Deboli i servizi, così come resta debole l’industria pur con qualche slancio dopo un terzo trimestre appena positivo (+0,2%). Metà dei settori, infatti, è in rosso (tessile -11,3% tendenziale), metà cresce (farmaceutica +10,4%), mentre è in recupero la fiducia delle imprese, nonostante a novembre l’indice manifatturiero Pmi sia sceso a 44,4 da 44,9. Gli scambi mondiali e l’export italiano mancano di un vero e proprio slancio a causa di guerre e incertezza. Pesa ancora il costo di gas e di petrolio, che "non si è impennato ma resta storicamente elevato".
Infine, dal mercato del lavoro non arriva una spinta per i consumi: il monte retributivo – si legge nell’analisi di Confindustria – cresce nel settore privato anche nel quarto trimestre (è stimato al +5,8% nell’anno), ma nel pubblico è frenato dalla mancanza di rinnovi contrattuali. Così "con un’inflazione annua del 5,7% acquisita a novembre, non si vede una spinta del mercato del lavoro ai consumi delle famiglie: robusti nel terzo trimestre (+0,7%), ma che sembrano aver frenato nel quarto".