Lunedì 13 Maggio 2024
Salvo Guglielmino
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La Sicilia bella, sublime e deturpata: il racconto di Salvo Guglielmino

Un estratto dal libro "Microcosmo Sicilia" (Edizioni Rubbettino) di Salvo Guglielmino. "Un viaggio appassionato nella mia terra per scoprirne la bellezza sublime e deturpata, raccontarne le speranze, i dolori, le virtù più recondite e segrete".

Salvo Guglielmino

Salvo Guglielmino

Questo libro è un viaggio appassionato nella mia terra per scoprirne la bellezza sublime e deturpata, raccontarne le speranze, i dolori, le virtù più recondite e segrete. Ma è anche la cronaca di una Sicilia dimenticata, ferita dalla fuga dei suoi cervelli migliori, da tanti problemi economici e sociali irrisolti da anni e che la pandemia ha ulteriormente aggravato. Mille occasioni perdute nell’indifferenza collettiva, tra scandalosi ritardi nella costruzione delle opere pubbliche, servizi sociali insufficienti, una sanità pubblica malata, i fondi Europei non spesi, la presenza costante dei ricatti malavitosi, le promesse mai mantenute dalle istituzioni e dalla politica.

"Senza conoscere la Sicilia, non ci si può fare un’idea dell’Italia. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto", scriveva Goethe più di due secoli fa. La Sicilia custodisce, forse, il campionario più variegato e pittoresco di vicende emblematiche, a volte tragiche, a volte grottesche, da raccontare e tramandare ai posteri. Possiede una variopinta collezione di personaggi straordinari, alcuni dei quali, con il loro sfondo drammatico, sembrano usciti dalla penna di Verga, Tomasi di Lampedusa, Pirandello, Vittorini, Sciascia.

Sono uomini e donne con una loro creatività e intelligenza, frutto di antiche radici nobiliari o contadine, di conquiste e di dominazioni, di genialità e creatività. Sono artisti, imprenditori, intellettuali, politici, giornalisti, sindacalisti, preti, atleti, magistrati, studiosi. Sono eroi coraggiosi e uomini vinti dalla storia. Molti di loro sono stati, purtroppo, dimenticati dalla loro terra.

Se fossero nati in Francia o in Germania avrebbero avuto tutti un proprio biografo personale, una pubblicazione, un riconoscimento pubblico. Dal loro ritratto emerge in tutta la sua crudezza, una Sicilia virtuosa e un’altra spesso dissoluta, un “microcosmo” emblematico e immobile nel tempo, un territorio dove non mancano esperienze culturali innovative e altre profondamente sbagliate, dove spesso la sua classe dirigente non è stata all’altezza di governare con oculatezza il denaro pubblico, incapace di favorire una vera svolta economica e sociale, sempre incerta tra il rimedio facile dell’assistenzialismo e quello di uno sviluppo ordinato, tra la scelta della cementificazione selvaggia delle sue coste e il rispetto dell’ambiente, dei beni culturali, del suo mare.

È un tassello di storie incrociate, per ritrovare una Sicilia mitica, misteriosa, una terra impareggiabile, sfuggente, sempre uguale a se stessa, eppure dalle grandi opportunità, a cominciare dal suo immenso patrimonio archeologico e architettonico, dalle sue antiche tradizioni popolari. “Un piccolo universo che è specchio del mondo intero. Un teatro dove va in scena ogni frazione di umanità. In Sicilia accadono in eterno quelle storie che si ripetono all’infinito, in tutti i luoghi e in tutti i tempi”, come scriveva Leonardo Sciascia. Ma nel fondo, come nella tragedia greca, emerge la rabbia per un destino quasi ineluttabile, tanta delusione per una Italia spaccata sempre in due, tra un Nord alla ricerca di una integrazione economica e sociale con l’Europa, e un Sud sempre più lontano e fermo, con un senso collettivo di frustrazione, di rassegnazione per i ritardi colpevoli dello Stato sul piano delle infrastrutture, delle ferrovie, delle autostrade, dei servizi, degli ospedali, delle scuole, degli impianti sportivi.

Un lungo elenco di opere annunciate, progettate ma tuttora incompiute a causa di una interminabile catena di ritardi, sprechi, scandali, omissioni. La Sicilia rimane il cuore di questa irrisolta e innegabile “questione meridionale”. Il 47% delle famiglie vive unicamente di lavoro a tempo determinato. Gli occupati sono poco più di un milione e trecentomila. Cifre emblematiche, con un aumento, negli ultimi anni, del livello di povertà e di emarginazione davvero drammatico.

Senza contare l’effetto di una pandemia che ha determinato l’aggravamento della precarietà sociale, con pesanti ricadute sulle famiglie, sui piccoli coltivatori diretti, gli artigiani, i commercianti, tutto quel tessuto economico che fa sopravvivere l’isola. Sullo sfondo di un’economia che da trent’anni lascia la Sicilia ultima in Italia per reddito pro-capite con ritardi strutturali appesantiti ora dalla più grande crisi dal secondo dopoguerra. In fondo i numeri sono ampiamente conosciuti e parlano da soli. Nelle regioni del Nord il tasso di occupazione è al 76% circa, al di sopra di tre punti della media europea.

Nel Sud siamo al 43%, con circa 350mila persone senza una occupazione stabile. Non a caso, negli ultimi dieci anni più di cinquecentomila siciliani, di tutte le età e classi sociali, hanno abbandonato una regione che non dava più loro da vivere. Hanno lasciato la moglie, i figli, i genitori, gli amici più cari, la casa. Un esodo di massa silenzioso, drammatico, che non è stato ancora raccontato. Eppure,  scriveva Giuseppe Fava nel suo memorabile, e sempre attuale, Processo alla Sicilia, "non c’è un popolo che abbia tanta devozione alla propria terra e che abbia altrettanto coraggio di lottare per l’esistenza, tanto amore per la vita". 

Basterebbe pensare ai magistrati, agli imprenditori, ai sindacalisti, ai giornalisti, ai tanti siciliani onesti che con coraggio combattono per la legalità, senza la quale non ci può essere sviluppo, giustizia sociale, riscatto civile. I siciliani vengono “vinti” continuamente dal mondo, ma mille volte si rialzano e vanno avanti con speranza, sempre con uno spirito positivo. La verità è che essi cercano disperatamente nella vita tutte quelle cose che possono dare una ragione alla vita stessa. Una tragica forza romantica resta intatta dentro l’anima di ogni siciliano. In una maniera o nell’altra un giorno molti di loro cercheranno di tornare. Anche semplicemente per morire nella loro terra.

Queste pagine sono dedicate proprio a tutti quelli che, in silenzio, volenti o non volenti, hanno scelto di andare via, ma che sperano di ritrovare, un giorno, le condizioni del ritorno.