Giovedì 10 Ottobre 2024
ALDO BAQUIS
Cronaca

Netanyahu all’attacco: "Onu palude antisemita". E poi minaccia Teheran: se colpiti, reagiremo

New York, l’intervento del premier israeliano: Gaza deve essere deradicalizzata. I delegati di vari Stati abbandonano l’aula in segno di protesta con Tel Aviv.

Netanyahu all’attacco: "Onu palude antisemita". E poi minaccia Teheran: se colpiti, reagiremo

New York, l’intervento del premier israeliano: Gaza deve essere deradicalizzata. I delegati di vari Stati abbandonano l’aula in segno di protesta con Tel Aviv.

"Il mio Paese è in guerra e sta combattendo per la sopravvivenza. Abbiamo di fronte nemici selvaggi che anelano alla nostra eliminazione e dobbiamo difenderci. Questi assassini selvaggi vogliono non solo distruggere noi ma anche distruggere la nostra civiltà comune, riportarci all’epoca buia della tirannia e del terrorismo": con queste parole il premier Benjamin Netanyahu ha tratteggiato ieri alle Nazioni Unite le condizioni in cui versa lo Stato ebraico che, in seguito ad una guerra a Gaza ed in Libano che si trascina da un anno, è oggi in condizioni di crescente isolamento. Al suo ingresso decine di diplomatici hanno preferito alzarsi ed abbandonare la sala della Assemblea generale.

A quanti sono rimasti Netanyahu ha descritto, con toni quasi biblici, un quadro mediorientale che a suo parere sarebbe adesso in bilico fra "la benedizione" – ossia una cooperazione armoniosa fra Israele ed i Paesi arabi moderati - e "la maledizione", ossia la esportazione da parte dell’Iran di un Islam radicale, militante ed oltranzista. Quindi il durissimo affondo contro le Nazioni Unite definite "una palude antisemita" e una "società terrapiattista anti-israeliana".

Se i diplomatici rimasti in aula speravano, all’inizio del discorso, di raccogliere informazioni sulla probabilità di una tregua in Libano o a Gaza e di una de-escalation militare nella regione, o anche di piani di lungo termine per un futuro assetto nella striscia di Gaza, il premier è stato avaro di informazioni. Hamas, ha chiarito, deve cedere le armi, consegnare gli ostaggi ed uscire per sempre dalla scena politica. Gaza dovrà essere "smilitarizzata e de-radicalizzata".

Hezbollah sarà colpito con crescente energia fintanto che non accetterà di rispettare la risoluzione dell’Onu 1701 del 2006 (relativo alla smilitarizzazione di una zona cuscinetto nel Libano meridionale, a ridosso del confine con Israele). E l’Iran deve comprendere una volta per tutte che non può tornare a colpire Israele come già fece, in modo massiccio, nell’aprile scorso. "Non c’è un solo posto in Iran, e nell’intero Medio Oriente, dove la ‘longa manus’ di Israele non sia in grado di colpire". Come gia’ nel luglio scorso, di fronte al Congresso, Netanyahu ha presentato Israele come l’avanguardia ("Una torcia luminosa") di una civilità occidentale e progressista, che deve misurarsi con crescenti forze oscurantiste. In questo bivio, ha detto, è possibile intraprendere la via della "benedizione" già apertasi negli anni passati con gli Accordi di Abramo: ossia con la normalizzazione dei rapporti fra Israele con alcuni Paesi del Golfo, nonché col Marocco e il Sudan. Ma subito Netanyahu ha contrapposto anche la carta geografica della "maledizione": una descrizione grafica della penetrazione militare dell’Iran in Iraq, Siria, Libano, Gaza e Yemen, con conseguente minaccia per le vie navali di comunicazione. "Un futuro nero, di disperazione – ha previsto –. Ciascuno degli Stati all’Onu deve scegliere da che parte schierarsi".