Lunedì 29 Aprile 2024

Milano, la rabbia nei quartieri fantasma "Facevo 200 panini al giorno, oggi dieci"

Quest’anno sono attesi quattro milioni di viaggiatori in meno. Da quando gli impiegati se ne sono andati la città è irriconoscibile La disperazione dei negozianti: "Abbiamo rivisto gli orari e rinunciato a parte del personale". Ma c’è anche chi non ha riaperto

di Annamaria Lazzari

Era stata la città da bere. Quella della moda. Quella dell’Expo come consacrazione mondiale. Milano rinata, ricca, attraente. L’unica città europea. Brulicante di vita, aperitivi e grattacieli da fare invidia a Londra. Ora a Milano ci sono quartieri spenti, anche se il lockdown è finito da un pezzo. Soffrono piazza Duomo e via Torino, senza il brulicame del turismo internazionale, esploso dopo l’Expo del 2015. Quest’anno è previsto un "tonfo" di 4 milioni di viaggiatori in meno rispetto al 2019. Sono irriconoscibili piazza Gae Aulenti e CityLife, da quando gli impiegati hanno abbandonato la loro scrivania nei grattacieli per trasferire l’ufficio a casa.

E anche Bocconi, dove ha sede l’università commerciale, è diventata un deserto per le lezioni a distanza. Per chi si trova dietro il bancone in quelle zone, smart working ed e-learning sono una maledizione. Fra batosta economica e una sorta di "pressione bassa" nell’anima. Perché per un milanese ’dentro’ la vera insidia non è la dromomania, la smania di correre ma i tempi molli di una vita ’slow’.

"Non fare nulla tutto il giorno ti stanca di più che lavorare tanto" spiega Laura Nodarini, titolare di un chiosco in via Bocconi. Prima di febbraio preparava a pranzo oltre 200 panini. "Adesso se va bene una decina perché non c’è più in giro nessuno". Certo, molti residenti sono in vacanza "ma è la prima volta in 23 anni di attività che il quartiere si svuota. Gli studenti stranieri adesso sono nel loro Paese, potendo seguire le lezioni da lontano, e anche molti fuorisede. Di solito a fine agosto arrivavano le matricole dall’estero per seguire i corsi di italiano. Quest’anno no. I parcheggi sono liberi, c’è un silenzio irreale".

Non c’è stabile in zona che non esponga due o tre cartelli per l’affitto di singole. Studenti e lavoratori che sceglievano soluzioni abitative transitorie hanno preferito in molti casi abbandonare momentaneamente le città, in favore del risparmio.

Il capoluogo lombardo è ancora la città più cara per un fuori sede: una singola costa 565 euro al mese, come nel 2019. A mutare pelle anche via Torino. Una shopping street in centro, dove tanti brand hanno la loro vetrina. Prima del Covid-19 sui suoi marciapiedi si poteva fare esperienza del "bagno di moltitudine". Non è più così da quando sono scomparsi turisti e impiegati.

"Rispetto agli altri anni non c’è paragone se parliamo di passaggio. Noi abbiamo dovuto ridurre gli orari e, purtroppo, rinunciare ad alcuni membri del nostro staff" afferma Francesco Piccoli, supervisor del negozio di sneakers Size. Altri sulla stessa via hanno dovuto prendere scelte più drastiche: il marchio svedese di H&M non si è più riacceso dopo il lockdown e lo stesso è successo a Midinette e all’Outlet Dolciario.

Ancora più desolante il panorama di Porta Nuova, contrassegnato dall’architettura futuristica. Piazza Gae Aulenti, sotto l’altissima UniCredit Tower, sembra un quadro di De Chirico. Va un po’ meglio a CityLife grazie allo shopping district. Gli impiegati e i manager dei grandi uffici lavorano da lontano, da casa. Smart working per tutti, o quasi, almeno fino al 15 ottobre e forse oltre. Anche se non si può fare il paragone con i numeri di gennaio quando in quest’area si aggiravano "seimila persone a pranzo" ricorda Daniele Nicà, barbiere e parrucchiere. Erano gli impiegati che affollavano il ‘Dritto’, il grattacielo di Allianz, lo ‘Storto’, headquarter di Generali, il ‘Curvo’, base di Pwc, oggi in smart working.

Scomparsi, come gli eventi. La loro assenza ha spinto Filippo La Mantia a voler chiudere il suo ristorante da 1.800 metri quadrati in piazza Risorgimento. Cerca uno spazio più piccolo: "O mi ridimensiono o fallisco" ha spiegato lo chef palermitano.