
"Ma non servono più laureati" Il sindacalista: numero chiuso utile
di Giulia Prosperetti
ROMA
Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed, dice un fermo "no" al progetto di "graduale" abolizione del numero chiuso per il corso di laurea in Medicina e Chirurgia, recentemente ribadito dalla ministra dell’Università Anna Maria Bernini, e si dice contrario all’aumento di 30mila posti previsto da qui a 7 anni.
Non serve aumentare i posti?
"Oggi abbiamo una carenza di medici pari a 15mila unità. Per formare un medico in Italia occorrono 11 anni, e allargare oggi le maglie del numero chiuso a Medicina vuol dire sfornare tra 11 anni medici che saranno, inevitabilmente, in numero superiore rispetto alle esigenze dal momento che la gobba pensionistica, stando ai dati dell’Onaosi, nel 2025-26 raggiungerà l’apice dopodiché ritornerà alla normalità. Se non c’è una programmazione reale dei fabbisogni dei medici da qui ai prossimi 11 anni, perché non è mai stata fatta, come si fa a definire il numero di medici che serviranno?".
Dal Mur affermano che al numero di ‘30mila’ si è giunti attraverso un’analisi dei fabbisogni e che è in atto un lavoro sulle specializzazioni per evitare l’imbuto formativo. Non la tranquillizza?
"Non mi tranquillizza fino a quando non vedo i numeri. Fino ad oggi si è parlato solo di ‘gruppi di lavoro’ che si sono riuniti, il Mur non ha avuto un confronto con le parti sociali. Conoscono i dati di oggi relativi alle esigenze dei medici nelle Regioni? Inoltre se, con la graduale apertura del numero chiuso, a settembre i posti aumentano di 4mila, l’anno prossimo di 6mila, già arriviamo complessivamente a 25mila studenti. Come li formano se oggi la capienza formativa delle Università italiane è di 15mila studenti?".
Più risorse e assunzioni non sono sufficienti?
"Ma c’è un problema: già oggi manca il 50% dei docenti e un docente non si fa in un giorno. Se veramente c’è la volontà di superare le difficoltà dovute alla carenza di medici la soluzione non è sfornare più medici perché in questo modo tra 11 anni avremo disoccupati di lusso che favoriranno il lavoro a cottimo a basso costo nelle cooperative. Bisogna riuscire a rendere attrattiva la professione in alcune branche, perché la carenza non c’è in tutte, e dall’altra parte fare una programmazione pubblica, trasparente, reale sulla scorta della quale ci sediamo a un tavolo se occorre aumentare i posti a medicina o se non occorre farlo"
Sul fronte della programmazioni delle specializzazioni quali sono le criticità?
"Il problema è che i numeri dei posti per le specializzazioni vengono definiti dalle Regioni, poi passano in Conferenza Stato-Regioni e, infine, arrivano al Ministero. Come pensa questo gruppo di lavoro di adeguare i posti di specializzazione senza avere la percezione di cosa sarà il Sistema sanitario nazionale tra 7 o tra 10 anni, senza avere contezza della futura carenza di medici specialisti?".
Cosa chiedete al Governo?
"Chiediamo che questo tavolo che hanno creato, si confronti con le parti sociali e ci facciano capire come viene fatta la programmazione. Non può essere fatta a spanne, le Regioni devono dirci quanti specialisti mancano. Non si può giocare con la Sanità anche perché formare un medico costa quanto una Ferrari. Su questa base deve essere mantenuto un numero programmato tale da garantire occupazione e una qualità formativa alta senza arrivare mai all’abolizione del numero chiuso: le richieste sono talmente tante che gestire 70mila studenti sarebbe impossibile, porterebbe allo sfascio".