
L’ultimo saluto. Lacrime, fiocchi rossi e diecimila chiavi fanno rumore per Giulia
dall’inviato
Il tintinnio di 10mila mazzi di chiavi. Agitati in aria o battuti sulle barriere di metallo. La folla che si è stretta attorno alla famiglia di Giulia Cecchettin ha voluto salutare con un ultimo minuto di rumore, proprio come aveva chiesto la sorella Elena, la ragazza di 22 anni uccisa con 26 coltellate dall’ex fidanzato Filippo Turetta l’11 novembre. La piazza davanti alla basilica di Santa Giustina, a due passi da Prato della Valle, è un mare di fiocchi rossi, diecimila secondo la diocesi di Padova. Una ragazza regge un cartello: "Giulia, sei un raggio di sole rapito alla vita". Vicino a lei tre adolescenti piangono e si abbracciano. Hanno il naso rosso per il freddo e non si lasceranno fino alla fine della cerimonia. Alle 11 la bara bianca di Giulia Cecchettin, coperta di rose dello stesso colore, arriva in piazza. Scatta il primo applauso. Tanti giovani hanno preferito saltare un giorno di scuola o di università pur di essere presenti. "Non conoscevo Giulia, ma – racconta Francesco, studente di statistica, mentre si scalda le mani soffiandoci dentro – volevo essere qui per dare il mio piccolo contributo".
I carabinieri in alta uniforme salutano la bara. Papà Gino e il fratello più piccolo, Davide, la accompagnano lungo tutta la navata. Elena, la sorella maggiore, preferisce un’entrata laterale. Poi raggiunge il padre e il fratello in prima fila, e si abbandona nell’abbraccio di Gino. Lui la bacia dolcemente sulla testa. Sugli scranni, per il governo, c’è il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Accanto a lui il presidente del Veneto, Luca Zaia e una quarantina di sindaci di Veneto e Friuli-Venezia Giulia.
Il vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla, nell’omelia denuncia la cappa di violenza che opprime le donne: "Non possiamo più consentire atti di sopraffazione e di abuso. Per questo abbiamo bisogno di concorrere per riuscire a trasformare quella cultura che li rende possibili. Forse voi giovani potete osare di più rispetto al passato. Nella libertà potete amare meglio e di più". Poi ha anche un pensiero per Filippo Turetta, il killer di Giulia, e la sua famiglia per i quali chiede "la pace del cuore".
Elena e Davide sono una cosa sola. Si abbracciano e non si lasciano più. Prima che la bara esca dalla basilica, il padre di Giulia tocca il cuore dei diecimila presenti con un breve discorso, in cui invita a trovare il coraggio di "danzare sotto la pioggia" invece che "sopravvivere alla tempesta". Parole che colpiscono il governatore Zaia e il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano (non presente), che promettono di diffonderle subito nelle scuole.
Il feretro scende la scalinata che dà su Prato della Valle. Il silenzio si rompe e scatta un grande applauso, che in pochi secondi si trasforma in un tintinnio di mazzi di chiavi.
La famiglia Cecchettin, rapidamente, raggiunge Saonara, il paese natale delle madre, morta l’anno scorso. Nella chiesa di San Martino, a dieci minuti di macchina da Vigonovo, si svolge una cerimonia più intima. "Vorrei tornare indietro – racconta la maestra Catia – per rivedere il tuo volto alla scuola dell’infanzia, mentre giocavi felice". La zia, Elisa Camerotto, ricorda i momenti passati assieme: "Sembravi una ragazza di altri tempi. Con te abbiamo imparato che anche abbracciare gli alberi può dare qualcosa". E poi l’ultimo viaggio: quei 600 metri che dalla piccola chiesa di paese portano al cimitero, dove Giulia riposerà per sempre a pochi metri dalla madre. Una ventina di palloncini bianchi volano in cielo sulle note de ‘Il favoloso mondo di Amélie’. Un serpentone di mille persone accompagna tutta la famiglia Cecchettin. "Speriamo che per loro ora ci sia un po’ di pace", sussurra qualcuno. La bara bianca viene abbassata nella terra, la sorella Elena getta l’ultima rosa bianca. Ed è solo silenzio.