Giovedì 18 Aprile 2024

L’ossessione del corretto a Sanremo

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Concita

Borrelli

Mi consuma una domanda, e mi capiterà d’incontrarlo il bravo Amadeus: qual è il criterio per la scelta di quelle che, attenzione, non sono vallette! Dicesi co-conduttrici.

Dietro c’è il potere degli agenti, un approfondito studio di marketing e dell’Auditel, o l’onda tsunami del politicamente corretto?

Le tre cose non si escludono tra loro. Vorrei però che mi si spiegasse il senso del monologo di Lorena Cesarini contro tre bulli da social e il no-sense del suo ruolo nullo per tutto il resto della serata.

Perché in nome dell’inclusività vestita a paillettes si deve andare a scapito di un’attrice non conosciuta ai più, emozionata, tesa, strutturata fisicamente più per il cinema che per le luci folgoranti di Sanremo? Ah, Sharon Stone!

La tv di Stato ha da pagare un debito con la società che si vede legata mani e piedi a includere con conteggio le donne, gli omosessuali, e tutti i generi elencati nel fu Ddl Zan?

Il massacro consumatosi tra Montecitorio e le trattorie del centro storico di Roma alle spalle di donne intelligenti, capaci, in carriera (forse non presidenziali, senza il forse) per tingere di rosa intrighi di Palazzo non è bastato per resettare? Vogliamo finirla con la barzelletta del direttore, presidente, avvocato, declinati in - trice, in -a, in -essa? Suffissi! Ecco chi siamo, dei suffissi, posizionate sempre alla fine della parola, delle decisioni. Una curiosità: gli autori di Sanremo sono tutti maschi! Più politically correct di così. Immaginate un flop. Noi autrici ci avrebbero massacrate!