Martedì 23 Aprile 2024

Il simbolo di un’epoca spietata

Davide

Rondoni

Chi ha dei figli sente il pugnale. Di questo abbandono, tragico, disperato, ennesimo. Il cassone giallo porta scritto “Caritas”. È stata la tomba della piccola abbandonata. È stata lasciata lì perché venisse trovata? Quella parola stampata sul cassone è mancata alla madre, è mancata intorno a lei, alla sua bimba. Ci sarà stato altro, chissà. Ma di certo non caritas. E allora lei è come se avesse lasciato la sua bambina lì, in bocca alla caritas, forse senza sapere cosa faceva, cosa vuol dire, ottenebrata nel gesto dell’abbandono più tremendo che si possa compiere. L’ha lasciata in bocca alla caritas che purtroppo non c’era in lei, e in chi lei ha avuto intorno e addosso per concepire lei, la innocentissima. La unica innocentissima. Chi ha dei figli sa che cosa è una vita nascente, che poi cresce, che poi diventa, per vie inimmaginabili, una persona, quella, unica, inimitabile. E quindi sente il pugnale di questa negazione, di questo abbandono. D’una negazione feroce. Ingiustificabile. La innocente nella bocca della Caritas è un segno che supera ogni istallazione d’arte, ogni impresa architettonica e di design della splendente e feroce Milano. Vertigine dei segni che Dio permette accadano per richiamare le nostre vite intorpidite, incoscienti, baluginanti di banali intrattenimenti e spesso banalissime opere arte. Quella bocca con scritto Caritas e la bimba abbandonata sono il segno supremo, tremendo e commovente, della nostra epoca, segnata da buoni sentimenti a costo zero e nessuna pietà. Corre il 150esimo di Manzoni, molti hanno impressa la scena nella peste della madre di Cecilia, madre attonita con la innocentissima tra le braccia. Un’altra bimba, uccisa dalla vera peste attuale, la solitudine e nutrita da una vita come se Dio non esistesse, viene esposta a Milano, e senza nemmeno le braccia della madre a sostenerla. E quella parola grido che continua a gridare, caritas.