Venerdì 26 Aprile 2024

È l’eroe azzurro Ma ogni casacca sceglie il suo re

Paolo

Franci

Amo Paolo Rossi. Come tutti, chiaro. È un eroe dei miei venti anni. Oltre ad essere un Garibaldi del pallone ci ha fatto godere, abbracciare, ridere, gioire, urlare. Ha abbattuto i giganti: Maradona, Falcao, Zico, Socrates, Cerezo. Ok, d’accordo, ma cosa c’entra intitolargli lo Stadio Olimpico? E sappiamo bene come siamo noi italiani no? Vanno bene gli eroi e la Nazionale, ma senza dimenticare che il nostro è un calcio feudale con tanti piccoli regni del pallone, ognuno con i suoi colori, idoli, usanze e cori. Noi il feudalesimo ce l’abbiamo conficcato nella testa. Fateci caso: nel nostro Paese è dappertutto, piaccia o no, dalla politica, alla comicità, alle vacanze. E l’azzurro è un po’ come quando si giocava da ragazzi in strada: tutti insieme, ma poi quando è finita la partita ognuno a casa propria. Ecco, con la storia dell’Olimpico da intitolare a Rossi, io la vedo un po’ così. Cioè, vero, Pablito ci ha incantato, però poi tornava a casa sua e indossava la maglia Juve, perché è così che succede. E a noi piace così. Più o meno quello che è accaduto all’Europeo: che bravi Leo, Barella, Ciro e Spinazzola, però poi quando tornano a casa sono juventini, interisti, laziali o romanisti. Ecco, poi, a proposito: qui all’Olimpico, dalle mie parti, giocano laziali e romanisti, storicamente (ricordate il feudalesimo?) non proprio in sintonia con la Juve. Abbiamo parlato per anni della rivalità tra Roma e Juve, per dirne una, proprio quella Juve lì di Rossi vs. quella di Falcao e Bruno Conti e ora vogliamo fare questa cosa? Ma anche no, dai. E forse, non farlo, è proprio il modo migliore per rispettare Rossi, eroe d’Italia e juventino. La butto lì: Pietro Mennea no?