Dobbiamo capire come usare questa tecnologia

Matteo

Massi

I numeri, prima di tutto.

Nei suoi primi cinque giorni ChatGpt ha raggiunto un milione di utenti, a quel traguardo Facebook arrivò in 10 mesi. In due mesi invece ha raggiunto i 100 milioni di utenti attivi ed è l’applicazione che ha avuto la crescita più rapida nella storia di Internet. D’accordo, sono altri tempi rispetto a quelli pionieristici dei primi social network, ma una diffusione così rapida, tenendo conto di cosa si nutre l’intelligenza artificiale (dati e ancora dati, anche sensibili e da qui la preoccupazione con relativa istruttoria del Garante della Privacy è legittima) quanto meno è la prima variabile da tenere in considerazione. Perché significa che è diffusa, molto più diffusa di quello che possiamo pensare. In questi ultimi mesi abbiamo letto di come venga utilizzata. E l’utilizzo, appunto, è l’altra variabile importante della questione. Un quasi centenario come Henry Kissinger ha innescato, con un suo intervento sul Wall Street Journal, un dibattito che non è solo un compendio di citazioni più o meno dotte. Sintetizzandolo all’osso, sostiene che il vero problema si presenta nel divario tra conoscenza umana e comprensione umana.

Se ChatGpt, come gli altri modelli d’intelligenza artificiale, ragiona con una quantità immensa (ma comunque finita) di dati presi da più parti (e spesso anche dalle nostre vite, dalle nostre abitudini) e si fa guidare solo dalla lingua della probabilità, quindi promuove soltanto la conoscenza umana, la comprensione umana (che è propria dell’attività del nostro cervello che ragiona attraverso dati, conoscenze e anche esperienza) rimane appannaggio dell’essere umano. Riproponendo quello che è il rapporto, rinnovato e accelerato da questi tempi, tra l’uomo, la macchina e più in generale la tecnologia. Ma i modelli statistici applicati al linguaggio come ChatGpt e le altre chatbot sempre modelli statistici sono, costruiti solo sui nostri dati, non sui complessi meccanismi del nostro ragionare (pensiero critico compreso). Con tutti gli evidenti rischi del caso, a iniziare dal problem solving. Solo la consapevolezza di tutto questo, ci permetterà di avere un rapporto franco con queste macchine intelligenti. Che ci assomigliano, ma non sono (e non saranno) come noi.