Giovedì 25 Aprile 2024

Che cosa è davvero sproporzionato

Matteo

Massi

Sproporzionato. Tra le pieghe della sentenza con cui la Cassazione francese ieri ha respinto la richiesta d’estradizione di dieci terroristi in Italia c’è questo aggettivo. Il passaggio in cui viene citato è la pietra angolare delle derivazioni sociali della dottrina Mitterrand che sostanzialmente dava riparo ai terroristi, condannati in contumacia e che, secondo la vulgata molto à la page all’epoca (e anche ora), non avrebbero avuto un giusto processo. Ecco il passaggio: "La loro estradizione causerebbe un danno sproporzionato al loro diritto al rispetto della vita privata e familiare". Sproporzionato: le parole hanno un peso. Soprattutto in una sentenza scritta da un giudice.

Cosa c’è di realmente sproporzionato, soffermandosi invece su altre vite private, quelle dei parenti delle vittime?

La domanda è retorica, ma necessaria. E infatti Mario Calabresi che perse suo padre Luigi quando aveva un anno e l’unico ricordo che ha di lui è una giornata passata sulle sue spalle a vedere la banda musicale, legittimamente se lo chiede. Come si può pensare che Calabresi e come lui tanti altri che in questo Paese hanno visto morire i propri cari, possano farsene una ragione per l’assenza di un genitore, di un fratello o di una sorella provocata da omicidi per i quali non c’è stata né giustizia né verità? Non si può ignorare quanto quella stabilità familiare, cui fa cenno la Cassazione francese per i terroristi, sia stata difficile (se non impossibile) da inseguire per i parenti delle vittime, aggrappandosi a speranze, amici e dischi. Calabresi in uno dei suoi libri cita Leonard Cohen: "C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che entra la luce". A cinquant’anni da quella sanguinaria stagione, per la quale i conti o non sono stati fatti o sono stati fatti male, rimangono le crepe, ma la luce (anche dopo la sentenza di ieri) continua a non vedersi.