Sabato 18 Maggio 2024

Varoufakis: "Ho lasciato perché hanno bocciato la mia linea dura"

Il ministro più amato e odiato a Bruxelles racconta i motivi del suo passo indietro proprio la notte dell successo nel referendum. E non risparmia critiche ai colleghi europei, Schaeuble su tutti

Yanis Varoufakis  (Ansa)

Yanis Varoufakis (Ansa)

Atene, 14 luglio 2015- Era la notte dei festeggiamenti in piazza ad Atene, il no aveva vinto, ma nella riunione ristretta dei vertici di Syriza, Yanis Varoufakis e la sua linea dura contro la Bce vennero messi in minoranza per 4 voti a 2 e così il ministro delle Finanze si dimise. A una settimana dall'abbandono dell'incarico, il ministro-star del governo di Alexis Tsipras, ha raccontato in una lunga intervista al settimanale britannico New Statesman i motivi della sua uscita di scena, smentendo le voci fino a qui riportate dai media. Non agnello sacrificale di Tsipras sull'altare dei creditori europei, da tempo insofferenti ai suoi modi, ma intransigente sostenitore della linea dura, per tenere la Grecia nell'euro strappando però condizioni migliori. 

La sua strategia, ha raccontato Varoufakis, era già stata messa a punto e, di fronte alla decisione di Francoforte di chiudere le banche greche per costringere Atene a un accordo, prevedeva tre passi: emettere cambiali in euro (Iou - 'I owe you', in sostanza dei 'pagherò'), applicare un taglio ai bond greci emessi dalla Bce nel 2012, riducendo il debito greco, e riprendere il controllo della Banca di Grecia. Nessuna di queste mosse avrebbe significato automaticamente una Grexit, ma l'avrebbe minacciata. Un modo per mettere pressione, creando così una condizione dalla quale Varoufakis, che non credeva possibile un'uscita di Atene dall'euro non contemplata neanche nei trattati, sperava di guadagnare margini di trattativa. E a favore di questa linea secondo lui si era espresso il popolo greco, che con il 61% al no aveva appena fornito a Syriza un mandato forte per provare una mossa audacia per uscire dall'angolo. 

Ma il gabinetto ristretto riunito la sera della vittoria del no era di un altro parere e, per 4 voti a 2, bocciò il piano di Varoufakis. "Quella notte, il governo decise che il volere del popolo, quel no che risuonava, non dovesse essere ciò che dava vigore a un approccio energico, ma piuttosto, dovesse portare a maggiori concessioni all'altra parte", ha sostenuto l'ex ministro delle Finanze. Cioè, tradotto, ha spiegato, significa presentarsi a un "incontro dei leader politici, con il nostro premier che accetta il presupposto che qualsiasi cosa accada, qualsiasi cosa faccia l'altra parte, non risponderemo mai sfidandoli. Essenzialmente questo significa piegarsi, smettere di negoziare". 

Non tutto il male vien per nuocere, però, perché in questo modo Varoufakis si è liberato di questa "agenda frenetica, assolutamente inumana", non più soggetto a una "pressione incredibile per negoziare una posizione che trovo difficile io stesso difendere". E non ha perso l'occasione di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, l'ex ministro delle Finanze greco, a cominciare dal suo 'nemico', Wolfgang Schaeuble, il vero dominatore dell'Eurogruppo. "E' come un orchestra ben affiatata, nella quale lui è il capo", ha spiegato Varoufakis, sottolineando che "solo Michel Sapin", il collega francese, cercava di cantare fuori dal coro della "linea tedesca ma questo rumore era molto sottile". E quando alla fine Schauble dettava "la linea ufficiale, il ministro francese si piegava sempre". E questo, secondo Varoufakis, si somma all'assenza di dibattito su temi economici: di fronte al tentativo di portare avanti un argomento, solo "sguardi fissi nel vuoto, come se non avessi parlato".