Mercoledì 24 Aprile 2024

Un groviglio di alleanze

TIMIDAMENTE, passo passo, senza strafare, la Turchia di Erdogan sta cercando di uscire senza danni dal labirinto nel quale si è cacciata. Labirinto che, sebbene per differenti motivi, è costretta a condividere con un imbarazzatissimo Barack Obama. Con grande soddisfazione del nuovo Califfo, il quale, ponendosi trasversalmente tra amici e nemici, è davvero riuscito a mettere nei guai un po' tutti e a scuotere una situazione di fatto incancrenita da anni. Ma la partita è appena iniziata. I contorsionismi di Erdogan, del suo messia' Davutoglu e del nuovo ministro degli esteri Cavusoglu, d'altro canto, sono più che comprensibili. L'ormai celebre articoletto satirico scritto da Audrey Bailey per illustrare lo stato confusionale di Obama si addice quanto mai anche al suo rivale in incertezza Erdogan, tanto che vale la pena sintetizzarlo: «Noi supportiamo nella lotta contro l'Isis il governo iracheno. L'Isis è nemico anche nostro, ma è stato supportato da alcuni Paesi arabi, nostri amici. Noi supportiamo quelli che combattono al-Assad, che è nostro nemico, ma lui combatte l'Isis, che è anche nostro nemico. Anche l'Iran è nostro nemico, che però supporta l'Iraq, che è nostro amico, a combattere il nostro nemico Isis. Così alcuni dei nostri nemici, che noi aiutiamo, supportano i nostri nemici e alcuni dei nostri nemici diventano di fatto nostri amici...». E così via. 

L'ARTICOLO continua, ma noi ci fermiamo qui per non confondere i lettori più di quanto già lo siano Obama ed Erdogan. In effetti, la Turchia da anni ha come nemico il partito dei curdi turchi Pkk, il quale ha come alleati, nel comune sforzo di costruire un unico Kurdistan etnico, i curdi siriani del partito Unione e Democrazia (Pyd), che difendono Kobane. La piccola' svolta turca è stata quella, sempre negata, di permettere ai curdi iracheni (amici e compagni in affari) di congiungersi attraverso un corridoio ai cugini' siriani per combattere l'Isis, impedendo ai curdi turchi del Pkk di seguirne le mosse. Operazione benedetta da Obama, che per la prima volta ha potuto rifornire di armi gli assediati di Kobane senza proteste turche. Non è molto, ma è un segnale di cambiamento. Ma la vera svolta nel nuovo assetto geopolitico del Medioriente non può avvenire, se l'Occidente non sarà in grado di capitalizzare una finestra con l'Iran, per il momento ancora aperta.