Mercoledì 24 Aprile 2024

Sottomessi ai bulli arabi

Claudio Martelli

ORA SEMBRA arrivato per tutti il tempo dei ripensamenti se non dell’autocritica. E ben venga! Per Angela Merkel che trova parole severe e moniti senza sconti per chi appena arrivato, calpesta le leggi e la cultura del paese di accoglienza, per chi senza lavoro vuole profittare del generoso welfare tedesco. Per la sindachessa di Colonia, paladina degli immigrati pugnalata da un estremista xenofobo, che ora invita le concittadine a stare «a un braccio di distanza» dagli stranieri. Eravamo stati facili profeti nel congetturare che la decisione di Angela Merkel di accogliere «senza limiti» i profughi siriani si sarebbe rivelata un boomerang. La marea umana che dalla Grecia degli sbarchi ai Balcani si è riversata in Germania e da lì nei paesi scandinavi ha prodotto conseguenze a catena. Come in un effetto domino uno dopo l’altro gli Stati europei, e la Germania tra i primi, hanno sospeso la libera circolazione e ripristinato i controlli alle frontiere. L’Europa è oggi molto più divisa e molto più impaurita di quanto mai lo sia stata negli ultimi sessant’anni. 

L’INCOSCIENZA ha prodotto il peggio e il peggio è quello che si era già visto anni fa con le rivolte dei figli e dei nipoti di immigrati delle banlieues parigine, con i riots etnici di Londra, di Stoccolma, di Copenagen. Il peggio è il terrorismo islamista che fa la spola tra le nostre città e i teatri di guerra mediorientali mescolandosi con i rifugiati. Ma un altro peggio si è cominciato a vederlo nella notte di capodanno in Germania, in Austria, in Svizzera, in Finlandia. Violenza, sopraffazione, razzia radicati in una cultura che disprezza le donne e le leggi della terra che li ospita: è questo il bullismo in salsa araba, il branco in versione tribale. Dovremo rinunciare ai nostri liberi costumi sessuali perché una minoranza straniera non solo si fa e si ubriaca come tanti giovani occidentali, ma, perdendo il controllo, si eccita e approfitta di una festa per offendere, molestare, stuprare le nostre donne? Qualcosa di simile è già accaduto con la libertà di satira fattasi molto più prudente per non dire tremebonda dopo l’eccidio dei redattori di Charlie Hebdo. Sarebbe questa l’integrazione? Non loro che aderiscono ai nostri costumi, alle nostre leggi, alla nostra educazione, ma noi che subiamo i loro divieti e le profanazioni delle nostre libertà e della nostra dignità? Mi ha colpito anche che non una delle vittime abbia potuto ricordare d’essere stata difesa da un poliziotto e neppure da un fidanzato, da un amico, da un fratello, da un coraggioso tra la folla. Dov’era la polizia, dov’erano i giovani tedeschi a Colonia e nelle altre città abbruttite dai raid tribali? Intendo dov’erano, quella sera, gli uomini, i maschi europei? Possibile che nessuno, proprio nessuno abbia alzato un dito o, come direbbe il papa, dato un pugno agli aggressori? Sì, è vero, i giovani arabi erano in tanti, ma non c’erano armi, né kalashnicoff e, a quanto si sa, nemmeno coltelli. Ora, se una gioventù benestante, istruita, sportiva e magari palestrata non sente l’impulso e il dovere di rischiare un pestaggio almeno per difendere le donne aggredite e molestate sessualmente da maschi stranieri quando mai e per quale causa troverà il coraggio di reagire? Se l’accoglienza è sacra, la dignità lo è anche di più. Diversamente non si chiama accoglienza, si chiama sottomissione.