Mercoledì 24 Aprile 2024

Kerry a Mosca: Assad stia ai patti. "Pronti a inviare truppe in Siria"

Turchi e sauditi preparano l'intervento di terra contro il Califfo

Un carro armato dell'esercito siriano

Un carro armato dell'esercito siriano

NEW YORK, 14 febbraio 2016 - INVECE di dare forza alla realizzazione della tregua temporanea per facilitare i corridoi umanitari, i toni sono quelli da Guerra fredda. La conseguenza è che in Siria ormai ci si sta avvicinando a un conflitto vero e proprio al posto di quello per procura che dura da cinque anni. Siamo ormai a un conto alla rovescia.

L’annuncio del cessate il fuoco lanciato da Usa e Russia, considerato un accordo strategico e di vertice, rischia in realtà di trasformarsi in un incremento dei combattimenti. Il segretario di Stato Usa, John Kerry, minaccia direttamente Assad e avverte contemporaneamente Russia e Iran: «Se Assad non terrà fede agli impegni presi e l’Iran e la Russia non l’obbligheranno a fare quanto hanno promesso, la comunità internazionale non starà certamente ferma a guardare come degli scemi: è possibile che ci saranno truppe di terra aggiuntive».

Kerry è chiaro nell’avvertimento anche se non parla di marines o di truppe del Pentagono che infatti non interverranno in Siria. Indica, invece, la reale possibilità che altri eserciti della coalizione anti Assad (Katar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi), oltre alla Turchia, possano superare i confini siriani e dare una mano alle milizie armate che si oppongono al regime di Damasco. E che in queste ultime settimane, soprattutto ad Aleppo, hanno perso terreno a causa del massiccio bombardamento dei jet russi. Il ministro degli esteri di Mosca, Lavrov, replica a Kerry: «Se non si stabiliranno linee di comunicazione oneste e giornaliere tra le forze armate Usa e russe, gli accordi sul cessate il fuoco in Siria e sull’assistenza umanitaria non potranno essere messi in pratica. Se gli Stati Uniti fanno marcia indietro ora, si assumeranno una responsabilità colossale».

 

LE ACCUSE incrociate di Kerry e Lavrov hanno un significato preciso: entrambi vogliono fotografare la situazione sul campo in Siria in queste ore e non lasciare che una parte o l’altra possa guadagnare terreno nell’immediato. Il terzo incomodo, però, diventa la Turchia. La chiusura dei confini e lo scontro con i curdi – l’artiglieria turca ieri ha attaccato le loro postazioni nel nord della Siria, sollevando le proteste degli States – è sempre più una miniguerra nel conflitto siriano, dove ciascuno combatte il nemico più vicino e minaccioso senza pensare all’obiettivo comune di eliminare l’Isis.

 

ANKARA ieri ha annunciato che «la Turchia e l’Arabia Saudita sono a favore di un’operazione di terra contro il Califfato». Per gli Usa questa è una «banale metafora» per mettere piede in Siria, con l’indiretto via libera della coalizione internazionale. Ma il rischio è una forte reazione di russi e iraniani che sul terreno già ci sono e potrebbero colpire con più durezza le postazioni dell’opposizione a Damasco prima che quelle dell’Isis.

Kerry col suo ultimatum non si nasconde dietro un gioco di parole. Ma nemmeno Putin scherza con i suoi caccia, se il fragile accordo per il cessate il fuoco dovesse saltare. Quella che si apre in attesa della ripresa dei negoziati di de Mistura a Ginevra diventa adesso una ‘transizione cruciale’.