Domenica 5 Maggio 2024

Mamma mia come canta Meryl. Streep rockstar infiamma Locarno

Il Festival apre con "Dove eravamo rimasti", melodramma da Oscar

Meryl Streep e Rick Springfield in una scena di "Ricki and the Flash" (Ansa)

Meryl Streep e Rick Springfield in una scena di "Ricki and the Flash" (Ansa)

Locarno, 6 agosto 2015 - Meryl Streep canta dal grande schermo di Piazza Grande “American Girl” degli Heartbreakers e “Bad romance” di Lady Gaga, Fender Telecaster verde mare distorta al collo, treccine hippie, l’apparato di metalli al polso e infelici ex occhi sognanti di una mamma sessantenne sparita nel rock. Edward “Fight club” Norton, introverso e soddisfatto, ringrazia dal palcoscenico, nelle mani l’Excellence Award Moët & Chandon che ieri sera il Festival di Locarno gli ha consegnato per la carriera, con omaggio filmico adeguato in cartellone. Edizione 2015, la 68esima e quarta del direttore Carlo Chatrian, Locarno apre a stelle e strisce nella platea più grande d’Europa, seimila seggioline sotto le stelle (più gli scrocconi dei bar pizza&birra), aspettando Michael Cimino, Andy Garcia, Jerry Schatzberg e Walter Murch, mentre aleggia il fantasma di Sam Peckinpah a cui è dedicata la restauratissima retrospettiva completa. Tra ospiti europei (Cecile De France, Carmen Maura, Andrzej Zulawski, Sabine Azema) e film dal mondo (in concorso l’italiano “Bella e perduta” di Pietro Marcello e il veterano Otar Iosseliani con “Chant d’hiver”) si finirà a Ferragosto con un omaggio a Marco Bellocchio, che passa da qui con le valigie per la Mostra di Venezia. Pronto per l’uscita in Italia (il 10 settembre) col titolo “Dove eravamo rimasti”, ennesima prova che Meryl è la più grande interprete vivente del cinema occidentale, forse qui un tantino addomesticata dal melodramma di famiglia, “Ricki & the Flash” è per il regista Jonathan Demme un bel compendio di film precedenti, quelli sul rock (“Stop making sense”, “Neil Young”) e le commedie (da “Qualcosa di travolgente” a “Rachel sta per sposarsi”), anche lui un po’ sensibile al cuoricino della sceneggiatrice Diablo Cody, premio Oscar per “Juno” e vera auspice di questo progetto fin troppo politicamente corretto (ormai se non c’è una coppia omosessuale e una coppia bianco/nero non si dà il visto). Abbandonato il marito ricchissimo e borghesissimo (Kevin Kline) negli anni ’80, messo in conto il disprezzo di un certo ambiente e della famiglia, cassiera di supermercato e rockettara strappa-applauso in un locale notturno (il suo compagno chitarrista è Springfield), Ricki torna a casa per il tentato suicidio della figlia (Mamie Gummer, la vera figlia 30enne della Streep). È l’inizio di una resa dei conti con il passato, ma anche la conferma del presente di indipendenza e la condanna dei pregiudizi, con finale da fazzoletto al matrimonio di un figlio (l’altro è felicemente gay). Non sarà difficile al pubblico che entrerà in sala tra qualche settimana, vedendo alla cerimonia il palcoscenico con batteria eccetera, immaginare il regalo di mamma Ricki, col microfono in mano a declamare “my love, love, love”, una poderosa Streep al comando della hit di Bruce Springsteen “My love will not let you down”, ribadendo il talento musicale di “Mamma mia” e “Into the woods”. D’altra parte Demme, chiuso il film, non ha usato mezzi termini: "Ricki Randazzo è assolutamente una Meryl Streep mai vista prima, capace di richiamare figure celebri della canzone e lei stessa una grande cantautrice alla chitarra, una vera donna del 21esimo secolo".