Lunedì 29 Aprile 2024

"Scuse all'India: è colpa dei marò". L'Italia pronta a chinare il capo

"Fateli processare a noI". Oggi il piano Renzi illustrato a Napolitano

I due marò Girone e Latorre

I due marò Girone e Latorre

New Delhi, 23 dicembre 2014 - LA DISPONIBILITÀ di pubbliche scuse da parte dell'ambasciatore italiano per l'uccisione dei due pescatori indiani e un importante risarcimento per le loro famiglie, in cambio del rientro di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone in Italia, dove sarebbero sottoposti a processo. Sarebbero questi alcuni elementi di una presunta proposta italiana di soluzione consensuale per la vicenda dei Fucilieri di Marina bloccati in India: a scriverlo è il quotidiano The Economic Times (ET), assicurando di aver consultato «fonti governative indiane del massimo livello». Interpellata dall'Ansa a Nuova Delhi, l'ambasciata d'Italia ha detto di non avere commenti da fare sul tenore dell'articolo, pubblicato all'indomani dell'ammissione da parte del governo indiano di avere allo studio una proposta italiana. Fonti del ministero degli Esteri indiano si legge ancora sul quotidiano hanno ammesso che l'Italia ha presentato «alcuni elementi» per una soluzione amichevole della questione attraverso un negoziato fra i due governi. Al riguardo, una fonte ministeriale ha commentato che «i più autorevoli consiglieri legali del governo e il ministero dell'Interno debbono esprimere un parere sulla compatibilità della proposta con il sistema legale indiano. Il negoziato potrebbe cominciare solo quando vi fosse un via libera da parte degli esperti giuridici, dato che la questione è all'esame della Corte Suprema». Responsabili della sicurezza indiani hanno però fatto sapere di essere contrari alla proposta, insistendo che i due militari riconoscano le loro responsabilità in India e poi, una volta condannati, siano inviati in Italia in base al Trattato bilaterale esistente per permettere ai condannati di scontare la pena nel proprio Paese. L'Italia vuole poter processare Latorre e Girone in Italia, ricorda il quotidiano, perché l'incidente è avvenuto in acque internazionali (20,5 miglia nautiche) e l'India quindi non ha alcuna giurisdizione su di esso. Ma la polizia investigativa Nia, conclude ET, ha costruito un impianto accusatorio sostenendo che il Codice penale indiano (Ipc) può essere applicato anche fuori delle acque territoriali, cioè nella Zona di interesse economico esclusivo (Eez) in cui il fatto è avvenuto. «Accettare la richiesta italiana ha spiegato un funzionario della Nia potrebbe significare dover abdicare ai nostri poteri nella Eez, e questo potrebbe compromettere in essa la nostra lotta contro la pirateria».

NEL FRATTEMPO, Massimiliano Girone il marò rimasto in India è tormato a parlare. «Nonostante quello che è accaduto in questi tre anni, ho fiducia nelle istituzioni». Le sue parole rimbalzano in Italia come un macigno. E il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, non le lascia cadere nel vuoto, lanciando un duro attacco a Nuova Delhi: è mancata la volontà «politica di una soluzione equa» dice il capo dello Stato, in diretta con l'India, nel collegamento con i militari impegnati nelle missioni all'estero per gli auguri di Natale. Il capo dello Stato, visibilmente commosso in diverse occasioni per quello che lui stesso ricorda essere il suo «ultimo saluto ai militari» (ribadendo indirettamente l'imminenza delle sue dimissioni), punta il dito sul complicato e mal funzionante sistema giudiziario indiano («non è solo quello italiano che non funziona...») usando toni forti nei confronti dell'India che non ha mantenuto la parola. O almeno le rassicurazioni. Quelle che ricorda gli aveva fornito il nuovo ambasciatore indiano, quando un anno fa, presentandogli le credenziali, gli aveva assicurato che le autorità indiane avrebbero lavorato per un processo «rapido e equo» nei confronti dei due fucilieri di Marina. Parole che sono «rimaste tali», stigmatizza Napolitano annunciando che affronterà la questione oggi con il premier. È infatti Palazzo Chigi a gestire direttamente il dossier marò.