Lunedì 29 Aprile 2024

L'economia diplomatica

MOLTE volte siamo siamo stati i primi a fare aperture poltiche a Paesi in transizione. In Iran, ad esempio, basti ricordare la visita di Prodi nel 1997. Ma molto spesso non abbiamo saputo cogliere l’attimo e trasformare i rapporti politici in solidi rapporti commerciali. Non abbiamo saputo cioè “vendere“ il potenziale economico del nostro Paese: quello che abbiamo fatto è stato grazie alla parte più ambiziosa e capace della nostra imprenditoria. L’opposto della Francia e della Gran Bretagna. Specialmente la prima, che invece hanno sempre accompagnato la diplomazia con la diplomazia economica e si sono sapute inserire benissimo nelle opportunità che si aprono a ogni cambio di regime o di governo. Il combinato, disposto della missione di sistema di gennaio e di quella attuale di Renzi, ci ha portato un frutto copioso in Iran – si parla di aver più che decuplicato l’interscambio tra i due Paesi, che a sanzioni attive era di 1,5 miliardi – ed è un argine all’intraprendenza francese, che in questi mesi è riuscita a mettere a segno in Iran colpi importanti come la vendita di 118 aerei dell’Airbus e l’intesa per Peugeot-Citroen per la produzione di 200mila auto.

LA FRANCIA è molto attiva anche in Egitto, dove sfrutta a meraviglia le perplessità americane e britanniche sul governo di al Sisi ed è riuscita a piazzare un’imponente serie di forniture militari: dai 24 caccia Rafale alle due portaelicotteri classe Mistral costruite per Putin, alle 4+2 corvette e il satellite per telecomunicazioni i cui accordi dovrebbero essere firmati in occasione della visita di Hollande, a prescindere dalla questione dei diritti umani. Il caso Regeni non aiuta. E la Francia sorvola sulle sue implicazioni, occupando tutti gli spazi possibili. Se in Egitto abbiamo le mani legate, adesso il focus italiano deve essere sulla Libia, dove siamo il Paese esportatore leader e dobbiamo guardarci dalla mire di Parigi, dirette ancora sul settore petrolifero. Già nel 2011 Parigi tentò con la guerra a Gheddafi di soppiantare Eni con Total nel settore petrolifero. E ora ci riprova appoggiando il generale Haftar e cercando almeno di “sfilarci“ le risorse petrolifere della Cirenaica. Un’operazione sommamente disinvolta, che si blocca solo con un governo Sarraj forte il prima possibile. Per garantirci contro il terrorismo, certo, ma anche per fermare le mire degli amici transalpini.