Lunedì 20 Maggio 2024

Sorpresa Istat: lieve balzo degli stipendi a luglio. Sale anche la fiducia dei consumatori

Giù la fiducia delle imprese. Allarme Confcommercio: il 42% della spesa sostenuta dalle famiglie finisce in bollette, casa, salute, assicurazioni. Tutti esborsi 'obbligati'

Consumatori (Ansa)

Consumatori (Ansa)

Roma, 28 agosto 2015 - Giù la fiducia delle imprese, su quella dei consumatori.  L'indicatore calcolato dall'Istat per le famiglie aumenta a 109,0 da 106,7 del mese precedente. Scende invece l'indice composito del clima di fiducia delle aziende italiane, passando a 103,7 da 104,3 di luglio. Polemica da parte delle associazioni dei consumatori: "Quei dati sulle famiglie sono inverosimili". E mentre si registra un lieve aumento delle retribuzioni contrattuali a luglio, Confcommercio lancia l'allarme: il 42% delle spese sostenute dalle famiglie se ne va in esborsi 'obbligati' (bollette, assicurazione auto ecc.).

FIDUCIA IMPRESE E CONSUMATORI -  Entrambi gli indici - consumatori e imprese -permangono comunque ai livelli massimi osservati negli ultimi due anni. Tutte le componenti del clima di fiducia dei consumatori aumentano, in misura maggiore quella economica (a 132,3 da 128,2) e in misura piu' ridotta le altre: quella personale a 101,4 da 99,5, quella corrente a 104,0 da 101,7 e quella futura a 117,4 da 114,7. Migliorano sia i giudizi sia le attese dei consumatori sull'attuale situazione economica del Paese (a -62 da -68 e a 5 da -4, i rispettivi saldi). Gli intervistati giudicano in crescita i prezzi nei 12 mesi passati e anche per i prossimi 12 mesi (a -14 da -17 e a -14 da -22, i saldi). Diminuiscono lievemente le attese di disoccupazione (a 27 da 28). Riguardo le imprese, il clima di fiducia sale in quelle del commercio al dettaglio (a 107,5 da 106,9) e delle costruzioni (a 119,5 da 117,6). Diminuisce nelle imprese manifatturiere (a 102,5 da 103,5) e, lievemente, in quelle dei servizi di mercato (a 109,7 da 109,9). Nelle imprese manifatturiere peggiorano i giudizi sugli ordini (a -15 da -12 il saldo), rimangono stabili le attese sulla produzione (a 11) e i giudizi sulle scorte (a 3). Nelle costruzioni migliorano lievemente sia i giudizi sugli ordini e/o piani di costruzione sia le attese sull'occupazione (a -32 da -34 e a -10 da -11, i rispettivi saldi). Nelle imprese dei servizi peggiorano sia i giudizi che le attese sugli ordini (a 4 da 7 e a 5 da 9, i rispettivi saldi) ma migliorano le attese sull'andamento generale dell'economia (a 19 da 12). Nel commercio al dettaglio migliorano le attese sulle vendite future (a 28 da 22 il saldo), mentre peggiorano i giudizi sulle vendite correnti (a 14 da 16) e in accumulo sono giudicate le giacenze di magazzino (a 12 da 10).  

RETRIBUZIONI - L'Istat registra anche un lieve aumento a luglio degli stipendi. L'indice delle retribuzioni contrattuali orarie il mese scorso è aumentato dello 0,1% rispetto a giugno e dell'1,2% nei confronti di luglio 2014. Complessivamente, nei primi sette mesi del 2015 la retribuzione oraria media è cresciuta dell'1,1% rispetto al corrispondente periodo del 2014. L'Istat aggiunge che le retribuzioni contrattuali orarie registrano un incremento tendenziale dell'1,7% per i dipendenti del settore privato e una variazione nulla per quelli della pubblica amministrazione. Dall'Istat anche l'indicazione che alla fine di luglio i contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore per la parte economica riguardano il 62% degli occupati dipendenti e corrispondono al 59,0% del monte retributivo osservato. Sono 4,2 milioni i dipendenti col contratto scaduto in attesa di rinnovo. Di questi, 2,9 milioni appartengono al settore pubblico.

ALLARME CONFCOMMERCIO - Per la casa, le bollette, la salute, le assicurazioni se ne va il 42% delle spese sostenute dalle famiglie: si tratta delle cosiddette spese 'obbligate' che, solo 20 anni fa, erano pari al 36,6%. A calcolarlo è Confcommercio, che evidenzia il grande balzo delle spese sostenute per la casa (+110%), arrivata ad assorbire un quarto dei consumi. A pesare sono anche «la crisi economica e l'adozione di politiche che hanno determinato un aumento della pressione fiscale, fattori che hanno fortemente limitato le disponibilità delle famiglie»

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