Lunedì 29 Aprile 2024

Filippine, ristoratore italiano rapito. E' un ex prete. Sospetti sui gruppi separatisti musulmani

Il commando di sette persone ha prelevato l'uomo, un ex sacerdote missionario titolare di un locale a Dipilog City, nel sud dell'arcipelago, nel suo caffè-pizzeria

Rolando Del Torchio nel suo locale

Rolando Del Torchio nel suo locale

Bangkok, 7 ottobre 2015 - Sono entrati in sette nel suo locale. L'hanno preso e portato via. E' successo alle 19 (ora locale) a Dipilog City, nelle sud delle Filippine. Vittima del sequestro un ristoratore italiano, Rolando Del Torchio (56 anni), ex sacerdote missionario. I sequestratori - armati - si sono presentati nel suo locale fingendosi clienti: dopo averlo prelevato con la forza, sono stati visti salire su un motoscafo e lasciare la città via mare. Secondo altre fonti Del Torchio è stato trascinato a forza in un veicolo che attendeva all'esterno del locale. Malgrado il rapimento non sia stato ancora rivendicato, si sospetta possano essere implicati i separatisti musulmani. Nella zona, infatti, sono attivi diversi gruppi che combattono la causa dell'indipendenza. La notizia è stata riportata da alcuni dei principali media dell'arcipelago e confermata dalla polizia locale e dalla Farnesina, che ha attivato "tutti gli opportuni canali".

La storia di Del Torchio è particolare: nato nella città lombarda di Angera, in provincia di Varese, era stato ordinato prete nel 1984. Era giunto nelle Filippine nel 1988 come missionario del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere). Voleva aiutare quelle popolazioni poverissime annunciando il messaggio del Vangelo, ma proprio dalla Chiesa sarebbe stato amaramente deluso: secondo quanto riporta il sito di informazione Rappler.com, infatti, l'emergere del fenomeno della pedofilia di cui tanti sacerdoti si sono macchiati, anche nelle Filippine, l'avrebbe scandalizzato a tal punto da decidere di dismettere la tunica nel 1996. Aveva comunque scelto di rimanere sull'isola di Mindanao, nel sud del paese, per lavorare con un'organizzazione non governativa che forniva assistenza agli agricoltori della zona. In seguito aveva aperto un suo ristorante, il "Ur Choice Cafè", dove stasera è stato rapito. 

A Dipilog city, capitale della provincia di Zamboanga del Norte, e in generale nell'isola di Mindanao sono presenti diversi gruppi ribelli musulmani, che combattono per avere più autonomia da un arcipelago a stragrande maggioranza cattolica e creare un califfato. In particolare sono attivi i miliziani di Abu Sayyaf, affiliati allo Stato islamico. Nel luglio dell'anno scorso, in un video pubblicato sul web, il leader del gruppo, Isnilon Totoni Hapilon, giurò fedeltà al califfo dell'Isis, Abu Bakr al Baghdadi. I vari gruppi partecipano alla guerriglia separatista - ma sono spesso nulla più che bande di criminali - che si finanziano anche con il rapimento di stranieri. Il ristoratore italiano è in effetti il quarto straniero a essere rapito nella regione nelle ultime due settimane; prima di lui stessa sorte era capitata ai canadesi John Ridsdel e Robert Hall e al norvegese Kjartan Sekkingstad. Dipolog dista appena 20 chilometri da Dapitan, dove nel maggio scorso i miliziani di Abu Sayyaf sequestrarono tre persone. Una di loro fu decapitata e le altre due riuscirono a fuggire al termine di uno scontro a fuoco con l'esercito. 

PARENTI IN ANSIA - La notizia del sequestro di Del Torchio ha gettato nel terrore i familiari dell'uomo, con cui comunque avevano mantenuto i contatti nonostante non tornasse in Italia da molti anni. "Mio cugino ama le Filippine, conosce tantissima gente, è pienamente integrato vivendoci da molti anni - dice la cugina, Elena Del Torchio -. Proprio non so cosa possa essere successo". La madre di Del Torchio è ancora viva, ma non sa nulla del rapimento: "Ha 92 anni - confida all'Agi - abbiamo preferito non dirle niente. Io è diversi mesi che non sento Rolando, ma mio figlio l'anno scorso è andato a trovarlo nelle Filippine e mi ha detto che lì è un ambiente faticoso, non facile, è un paese martoriato". Un lavoro, quello della pizzeria, che certo non l'ha arricchito: "Dubito ci potesse vivere - dice la cugina -, mi raccontava che va una famiglia di 5, 6 persone e ordina una pizza sola. Non hanno niente". Ma a Rolando, quel popolo ce l'ha nel cuore. Malgrado tutte le difficoltà: "Era tornato in Italia - racconta la cugina - ma dopo due anni è tornato di corsa nelle Filippine. E' troppo legato a quel paese, ormai è lì la sua vita".

NEL MIRINO - Eppure ne aveva avuti di motivi per tornare. Quindici anni fa, infatti, era riuscito a scampare a un attentato. A raccontarlo è Andrea Del Torchio, un cugino: "Alcune persone avevano sparato contro di lui mentre si trovava insieme al vescovo locale. Erano riusciti a salvarsi rifugiandosi sotto i letti - ha proseguito - e Rolando era rimasto traumatizzato. In passato, inoltre, è stato ucciso un suo compagno di missione. Si tratta di posti pericolosi, che lui ama nonostante la situazione difficile". Del Torchio, racconta ancora il cugino Andrea, aveva fondato la onlus 'Hope', per attivare progetti di sviluppo sostenibile. Per sostenere la sua causa, aveva anche partecipato ad alcune iniziative nel Varesotto e ad Angera, dove aveva raccontato la sua esperienza e raccolto fondi a favore delle Filippine. Uno di questi progetti riguarda un'attività di promozione sociale attraverso una fabbrica di acciughe in scatola e lavori agricoli. Ultimamente, invece, prestava la sua opera nelle carceri, in parallelo alla sua attività di ristoratore. "Rolando - continua Andrea - è una persona attiva e intraprendente, che ha trascorso gli anni migliori della sua vita nelle Filippine, nonostante le difficoltà. Ama la semplicità - ha proseguito - mentre le strutture europee gli stavano un po' strette". Rolando ha comunque mantenuto stretti contatti con i parenti in Italia. "Mio nipote, che lavora come pizzaiolo, recentemente aveva trascorso due settimane nelle Filippine - ha spiegato il cugino - per formare i dipendenti del ristorante. Non abbiamo notizie dirette sul suo rapimento, speriamo solo che venga liberato presto e che non gli succeda nulla di male". Un auspicio espresso anche dal sindaco di Angera, Alessandro Paladini Molgora, che si stringe alla famiglia dell'ex missionario.