Giovedì 25 Aprile 2024

Trump e l'immigrazione, Luttwak: "I muri? Promessa mantenuta"

"Donald, re dell'antipolitica. Nessuna svolta moderata"

Londra, proteste contro il bando anti-immigrati di Trump (Olycom)

Londra, proteste contro il bando anti-immigrati di Trump (Olycom)

Washington, 31 gennaio 2017 - «IL CANADA li vuole? L’Europa li vuole? Li prendano loro i musulmani. Trump la pensa diversamente», dice Edward Luttwak, il noto politologo americano.

E le critiche?

«Ma cos’altro si aspettavano Trudeau, Hollande, la Merkel, i buonisti italiani? Trump sta realizzando l’agenda per la quale è stato eletto».

E cioè?

«Aveva detto che avrebbe cancellato la riforma sanitaria di Obama. E lo sta facendo. Aveva detto che avrebbe avviato una strategia contro la delocalizzazione dell’industria manifatturiera. E ha già avuto il consenso dei tre giganti dell’automobile. In Michigan sono stati recuperati decine di migliaia di posti di lavoro. Aveva detto che avrebbe ricostruito le infrastrutture, ponti, strade, energia, eccetera. E ha già nominato Martin Klapper, esperto numero uno per dirigere Rebuild America. Il budget è di 1,2 trilioni di dollari».

E sugli immigrati clandestini?

«Aveva detto che avrebbe eretto un muro al confine con il Messico. E lo farà. Aveva detto che avrebbe chiuso la porta ai Paesi arabi a rischio. E ha firmato un ordine esecutivo di immediata attuazione. Lo fece anche Obama».

Ma questa volta l’Immigration ha negato l’ingresso anche a chi aveva un visto valido…

«Quei visti erano stati concessi da Obama e Trump in campagna elettorale l’aveva criticato per la mancanza o l’inadeguatezza dei controlli preventivi».

Vuol dire che tra i visti c’erano quelli di potenziali terroristi?

«Non lo so. Quel che so è che Barack Hussein Obama aveva addirittura autorizzato ponti aerei per portare migliaia di somali musulmani negli Stati Uniti».

E Trump?

«Molti credevano che Trump, una volta alla Casa Bianca, si sarebbe comportato da politico. Avrebbe ridimensionato o dimenticato le promesse».

E invece?

«Trump non è un politico, è stato eletto in nome dell’antipolitica. Dunque fa il contrario di quello che avrebbe fatto un qualsiasi altro al suo posto. Voglio dire che un altro, dopo avere cavalcato la rabbia e la frustrazione della cosiddetta pancia elettorale, si sarebbe riscoperto un volto moderato e dunque sarebbe sceso a compromessi».

Trump parla e si muove come se fosse ancora in campagna elettorale. È così?

«Esattamente. Mi sembra che segua un piano in quattro fasi. La prima è una rigorosa selezione dell’immigrazione dai Paesi del Medio Oriente. La seconda è la deportazione di 220 mila condannati per reati vari. La terza è la costruzione del muro. La quarta fase, una volta chiusa la frontiera a sud, è la legalizzazione dei clandestini già presenti in territorio americano. Di coloro che hanno pagato le tasse e la Social Security . Avranno la green card. Non meno di 10 milioni. Tutti pronti in futuro a votare per Trump».

Alcuni sindaci hanno dichiarato le loro città santuari contro le deportazioni. Trump cosa potrà fare?

«Li ignorerà. I santuari sono assurdi. Coloro che sono stati condannati debbono stare in prigione o vanno deportati nei loro Paesi d’origine. Accade in tutti gli Stati. Anche in Italia. E poi anche Obama in otto anni ha deportato due milioni e mezzo di illegali, colpevoli o no. Senza contare, nel 2011, il blocco dei visti dall’Iraq per sei mesi».

Ha visto le reazioni in Canada e in Europa?

«Trump non se ne cura. Non vuole che gli Usa facciano la fine dell’Europa. Ritiene difficile se non impossibile l’integrazione dei musulmani osservanti».

Perché?

«Per la supremazia della sharia sulle leggi civili. La cultura islamica è integralista, non integrazionista».

In che senso?

«Nel senso che è alternativa alla nostra che è invece fondata sulla laicità delle istituzioni statali».

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