Lunedì 20 Maggio 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Roma, Berlusconi tira dritto su Bertolaso. E si fa largo l'intesa con Marchini

Meloni recluta gli azzurri locali. Centrodestra sempre più diviso

Guido Bertolaso e Silvio Berlusconi (Ansa)

Guido Bertolaso e Silvio Berlusconi (Ansa)

Roma, 23 aprile 2016 - Altre ventiquattro ore sono trascorse e Bertolaso è sempre lì. Più che mai candidato del Cavaliere al comune di Roma. Le minacce di Salvini e della Meloni, che si sono spinti a ipotizzare una rottura dell’alleanza, non hanno avuto ancora effetto su Berlusconi. Anzi, Bertolaso ha ribadito d’essere più che mai lui l’uomo giusto al posto giusto.

Si procede come se nulla fosse? No: perché restano quattro candidati per il centrodestra che rischiano di elidersi a vicenda. Siccome la leader di Fdi punta i piedi, non vuole concedere il «gesto riparatore» che Silvio pretende per riprendere il discorso interrotto a febbraio (richiesta minima: una lista unitaria del centrodestra), sempre con maggiore vigore nel giro romano di Forza Italia si fa largo quella che attualmente è solo un’ipotesi di lavoro: trovare forme di collaborazione, di sintonia più forte con Marchini. Cosa in concreto possa nascere nessuno lo sa, anche perché l’imprenditore romano non ha nessuna intenzione di mollare la candidatura dopo averci speso tempo e denaro, e lo stesso Bertolaso, a questo punto, sembra condannato ad arrivare fino in fondo. A Palazzo Grazioli, realisticamente riconoscono che un raccordo con Marchini – si narra di più d’un incontro tra i due in tempi non sospetti – è quanto di più probabile. Pure tra i candidati qualcosa si sta muovendo: Storace, per dire, non chiude la porta ad un’alleanza moderata di questo tipo. Quanto meno, spiega, "sono pronto ad andare a vedere di cosa si tratta".

Inutile aggiungere ciò che sanno pure le pietre: il ‘partito Mediaset’ (da Confalonieri a Letta) da sempre tifa per questa opzione. Perché la questione non riguarda solo Roma: casomai da cosa dovesse nascere cosa, si tratterebbe di una prova generale per qualche forma di nuovo partito centrista di cui Berlusconi, con Marchini, sarebbe un po’ il regista di un blocco moderato da contrapporre al blocco lepenista Salvini-Meloni, cercando di cambiare gli equilibri della coalizione. Si tratta di una scelta da ponderare bene. Casomai Alfio andasse al ballottaggio a Roma a scapito della leader di Fdi (che ripete: "Niente apparentamenti, noi arriveremo al secondo turno") come sostiene più d’un forzista del Nord, questo sarebbe letta come una dichiarazione di guerra dagli ex alleati. Sottolineano Romani, Toti e gli altri sponsor della scelta ‘coalizionista’: "Si può combattere da soli per il Campidoglio, ma senza la Lega è impossibile pensare di contendere a Renzi il governo del Paese". E viceversa: ecco perché ognuno mette le pistole sul tavolo, ma ci pensa prima di sparare. "Continuare con Bertolaso, ci permetterebbe di decidere il nostro futuro più in là" dicono i più avveduti. L’ex sottosegretario alla protezione civile presenta il 29 le sue liste, c’è ancora tempo per ragionare, benché nel cerchio magico le quotazioni della Meloni siano basse. Pure la sua decisione di incontrare Cantone per parlare di codice etico e liste pulite, viene vissuta dai fedelissimi del Cavaliere come un modo per mettere in discussione la sua leadership. «Non giova alla pace – dice un ex ministro berlusconiano – il fatto che stia arruolando i consiglieri municipali di Forza Italia".

Esibizione muscolare di tutti i candidati del centrodestra ('Vado avanti e vincerò!') nasconde la crisi di identità più profonda dalla nascita del partito (Forza Italia) che nel ’94, nel 2001 e ancora nel 2008 portò i moderati alla guida dell’Italia. Anche allora con Berlusconi governavano un partito populista (la Lega di Bossi) e uno di Destra vera (l’Alleanza Nazionale di Fini, erede diretta del Msi). Ma il Cavaliere li aveva sdoganati entrambi e guidava (guida) un partito partecipe della grande famiglia popolare europea: la stessa di Angela Merkel, per capirci. Il drammatico dilemma di Berlusconi va perciò capito perché non si tratta della scelta tardiva del candidato sindaco di Roma, ma del futuro del centrodestra italiano. Il Centro-Destra deve trasformarsi in Destra-Centro con un valore del Centro progressivamente residuale? Il vento populista europeo spira forte in Europa.