Venerdì 3 Maggio 2024

Pensioni, spunta il salva giovani. Il governo: minima a 650 euro

L’ipotesi per chi ha 20 anni di contributi. Anticipo, boom di domande

Una sede dell'Inps (Ansa)

Una sede dell'Inps (Ansa)

Roma, 18 luglio 2017 - Pd e governo puntano sulla pensione di garanzia per i millennials. Proprio nel giorno in cui l’Inps certifica il boom dell’Ape social e del pensionamento anticipato per i precoci (oltre 66mila domande), i vertici dem, nel summit del Nazareno con i leader di Cgil, Cisl e Uil, aprono alla proposta di un trattamento minimo per i giovani che uno dei consiglieri di Palazzo Chigi più ascoltati in materia, Stefano Patriarca, fissa in 650 euro mensili con la possibilità di arrivare fino a 1.000. Restano invece più distanti, ma fino a un certo punto, le posizioni tra sindacato, esecutivo e Pd sul nodo dell’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni dal 2019, col presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che si mostra quantomeno recalcitrante verso lo stop all’incremento dei requisiti: «Noi pensiamo che si debba parlare di un’altra questione che è l’equità generazionale in questo Paese». E, d’altra parte, governo e Pd punterebbero su un blocco selettivo in relazione alla faticosità dei lavori.   Il cantiere pensioni, dunque, si riapre tra Nazareno, Palazzo Chigi, Via Veneto e i tre sindacati. E, alla fine dell’incontro con Susanna Camusso, Carmelo Barbagallo e Annamaria Furlan, tocca a Maurizio Martina, ma soprattutto all’ex sottosegretario Tommaso Nannicini e al ministro Giuliano Poletti tirare le somme. Il vice di Renzi dà la linea a un vertice che non a caso si intitola ‘Non è una pensione per giovani’: «La previdenza delle future generazioni è una emergenza con non possiamo rimandare». È Nannicini, però, a entrare nel merito dei molteplici capitoli aperti: «Il Pd farà una proposta, che studieremo e approfondiremo, sulla pensione di garanzia per i giovani, con un reddito minimo e per rivedere il meccanismo di adeguamento automatico dell’età pensionabile» con soluzioni diverse per tra chi sta totalmente nel contributivo e chi no, tenendo conto anche «delle diverse aspettative di vita» come previsto nel verbale d’intesa sulla fase uno, visto che non tutti i lavori sono uguali. Poletti aggiunge: «Abbiamo molte cose da fare nella fase 2. Ridurre le penalizzazioni per donne e giovani, per cominciare». Due spunti che rinviano, da un lato, sempre alla pensione minima per i giovani e, dall’altro, alla riduzione degli anni di contribuzione richiesti alle donne per l’accesso all’Ape social. 

Ancora più nel dettaglio entra Patriarca: l’obiettivo è introdurre anche nel sistema contributivo, in cui ricadono completamente le generazioni più giovani, «un minimo previdenziale, come nel retributivo, pari, si può immaginare, a 650 euro per chi ha 20 anni di contributi, che possono aumentare di 30 euro al mese per ogni anno in più fino a un massimo di mille euro». Una soluzione per i millennials, ma anche per i 40-45enni.

Ma non basta. Sempre Patriarca traduce più operativamente le indicazioni di Nannicini: Si tratta di «modificare i parametri» che legano l’uscita all’importo e pensare a «un sistema di redditi ponte» attraverso l’Ape sociale, quello volontario e la previdenza integrativa. Un modo, spiega, per «gestire l’innalzamento dell’età», flessibilizzando e differenziando. Senza contare che occorre riflettere su «un fondo di solidarietà per il sostegno alle basse contribuzioni». Soddisfatti, al dunque, Furlan e Barbagallo delle aperture del Pd e del governo sulla fase 2; più problematica la Camusso, che considera dirimente il blocco dell’aumento dell’età pensionabile.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro