Lunedì 6 Maggio 2024

Il triangolo del fisco

Roma, 30 dicembre 2016 - La civiltà di un sistema fiscale non si descrive solo con i numeri che misurano il prelievo. Soccorre anche la geometria. Lo scenario vede tre attori. Il legislatore, l’amministrazione della macchina fiscale, la giustizia tributaria. A ciascuno di essi la Costituzione assegna una funzione. Pensiamo a un triangolo equilatero del quale costituiscono i vertici. Il Parlamento fa le leggi. L’Agenzia delle entrate le applica. Le controversie con il cittadino sono risolte dai giudici. Non è ammessa alcuna sovrapposizione di ruoli. Nel triangolo equilatero i tre vertici sono equidistanti. Al suo interno si può disegnare una circonferenza al centro della quale, che è anche baricentro del triangolo, sta il contribuente. Un equilibrio perfetto. I giudici e l’amministrazione stanno lontani dalle attribuzioni del legislatore. Ne va della certezza del diritto e dell’imparzialità dell’azione amministrativa. Giurisdizione e amministrazione rimangono alla giusta distanza. Al cospetto del giudice, Fisco e cittadini hanno diritto alla parità delle armi. Il nostro sistema fiscale non risponde però alle regole della geometria di Euclide.

LE NORME nascono spesso dal Governo con decreti-legge. Sottoposti alla questione di fiducia, il Parlamento è costretto a convertirli senza dibattito in Aula. Sovente capita che il Governo chieda aiuto all’Agenzia delle entrate per scrivere i decreti-legge. Una prassi criticata anche dalla Cassazione: ha sottolineato che l’amministrazione del Fisco non può fare il legislatore occulto.

I giudici, oltre a essere indipendenti, dovrebbero anche apparire tali. Ma nel nostro caso sono inquadrati nella struttura del Ministero dell’Economia, la stessa alla quale appartiene l’Agenzia, che è la controparte dei privati davanti ai giudici. È anche capitato che la Cassazione abbia imposto regole che non erano scritte nelle leggi, come quando ha creato il divieto di abuso del diritto. Un’altra confusione di ruoli. Contribuisce al venir meno della fiducia nella giustizia fiscale. Così il cittadino rinuncia di frequente a rivolgersi ai giudici e cerca una composizione delle liti direttamente con l’amministrazione.

PER LE QUESTIONI di minor valore è addirittura costretto dalla legge, prima di invocare il giudice, a rivolgersi ad un mediatore, che però è la stessa Agenzia delle Entrate che ha spiccato la contestazione nei suoi confronti. Non proprio un arbitro terzo.

Insomma, i giudici riempiono lo spazio lasciato libero dal legislatore ma allo stesso tempo sono “parenti stretti” dell’Agenzia delle entrate e quest’ultima suggerisce al Governo il contenuto dei provvedimenti, che sarebbero di competenza del Parlamento. Altro che perfezione del triangolo equilatero: è il risultato di una politica fiscale da troppo tempo incapace di guardare oltre i numeri delle entrate. Non abbiamo più un Ministro delle Finanze. L’ultimo aveva realizzato una buona riforma tributaria. Risale purtroppo a vent’anni fa.

Francesco Tundo è Professore di Diritto tributario dell’Università di Bologna