Mercoledì 1 Maggio 2024

Il petrolio crolla e affonda le Borse. Milano maglia nera: -3%

Per la prima volta dal 10 luglio del 2009 le quotazioni del petrolio americano sono scese sotto la soglia dei 60 dollari al barile

Un operaio lavora in un deposito di barili di petrolio (Ansa)

Un operaio lavora in un deposito di barili di petrolio (Ansa)

Milano, 12 dicembre 2014 - Per la prima volta dal 2009, le quotazioni del Wti, il petrolio americano, sono scese sotto la soglia dei 60 dollari al barile. Un calo che ha affossato le Borse europee, le quali hanno bruciato in una sola seduta ben 236 miliardi di euro di valore.

Se i timori sulla situazione greca e la parziale delusione per l'economia cinese, dopo il dato sulla produzione industriale di novembre, hanno costituito le premesse per una nuova giornata in rosso, i continui ribassi del Wti e del Brent (rispettivamente -3% a 58,1 dollari e -2,45% a 62,12 dollari) hanno trascinato gli indici a una pesante performance. Perdite superiori al 2% per gran parte dei listini principali, Milano la peggiore con -3,13% del Ftse Mib, mentre l'All Share ha ceduto il 2,98% a 19.692 punti. Da dimenticare la seduta del comparto petrolifero: -5,7% Tenaris, -5,6% Saipem. Eni perde oltre il 4% e scivola sotto quota 14 euro. Giù anche i bancari. Sul fronte valutario, euro in recupero a 1,2469 (1,2384 ieri).

WALL STREET - Chiusura in rosso anche per Wall Street con il Dow Jones che ha perso l'1,79%, chiudendo a 17.280,83 punti, il Nasdaq che ha ceduto l'1,16% a 4.653,60 punti e l'indice S&P 500 che ha lasciato sul terreno l'1,62% chiudendo a 2.002,33 punti. A New York il petrolio ha chiuso sotto i 58 dollari al barile (57,81) per la prima volta dal maggio 2009. E l'effetto si è fatto sentire sui titoli energetici. A mettere a tappeto i prezzi è stata la decisione dell'Agenzia internazionale dell'energia, che ha tagliato le stime sulla domanda nel 2015 di 230.000 barili al giorno a 900.000. Due giorni fa dall'Opec era arrivata una mossa simile, con la domanda dell'anno prossimo vista ai minimi di 12 anni. Si riaccendono così i timori per il binomio dato da crescenti scorte e consumi in calo. Il tutto con dubbi su un rallentamento della crescita dell'economia globale e i potenziali effetti su consumatori, aziende e banche centrali. La situazione attuale è vista da molti come una sorta di braccio di ferro tra l'Arabia Saudita, il principale produttore di greggio dell'Opec, e gli Stati Uniti dove il settore dello shale oil sta esplodendo riducendo la dipendenza energetica della prima economia al mondo. Le importazioni di greggio dalla Nigeria, per esempio, sono scese a zero entro il luglio scorso. Anche il petrolio del Mare del Nord sta soffrendo tanto che oggi è sceso nel durante sotto i 62 dollari al barile.

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