Giovedì 16 Maggio 2024
ANDREA FONTANA
Esteri

Killer del Bataclan, funerali segreti. La Francia teme i pellegrinaggi

Sepolto in periferia a Parigi il primo dei terroristi del 13 novembre

Davanti al Bataclan la notte delle stragi

Davanti al Bataclan la notte delle stragi

Parigi 28 dicembre 2015 - Lontano, oltre la cintura delle autostrade, tra i capannoni industriali della periferia che a nord di Parigi si stende verso l’aeroporto di Le Bourget. Sepolto in silenzio, per paura che la tomba possa diventare luogo di pellegrinaggio. Samy Amimour, uno degli autori delle stragi del 13 novembre, è stato interrato così, la vigilia di Natale, nel settore musulmano del cimitero di La Courneuve. È il primo funerale per i terroristi che massacrarono 130 persone durante la notte buia della capitale – i corpi degli altri sette jihadisti sono ancora nell’istituto di medicina legale, sulla riva della Senna –, e quella cerimonia clandestina ordinata dalle autorità assomiglia molto a una resa. Alla presa d’atto di un fallimento della Repubblica.

Amimour, 28 anni, nato a Parigi, era uno dei tre killer del Bataclan. La paura di veder nascere attorno alla sua lapide un orribile culto, o, per contro, inutili vandalismi è l’ammissione dell’esistenza di una doppia Francia, o meglio: di una Francia e di un’altra entità, fatta di banlieue flagellate dalla disoccupazione e dalla propaganda islamica, vasti territori ormai perduti dalla République. 

I territori perduti della Repubblica è un libro che Georges Bensoussan, ebreo nato in Marocco, storico delle culture, pubblicò nel 2002: facendo parlare presidi e insegnanti, segnalava lo stallo nell’integrazione di parte della popolazione delle periferie, e della crescita di islamismo, antisemitismo, violenza. Oggi Bensoussan va oltre: parla di ‘territori perduti dalla nazione’, e dell’emergere in Francia di due popolazioni. La repubblica è un regime politico, la nazione è l’adesione a un insieme di valori, il riconoscere un ancoraggio culturale. Per Bensoussan, la Francia è il paese europeo dove maggiore è il rischio di guerra civile. Nel 2013 il municipio di La Courneuve inaugurò nel proprio cimitero un settore da 900 posti per le sepolture musulmane, quello dove è finito Amimour. Prima esisteva a nord di Parigi solo il cimitero islamico di Bobigny, aperto nel 1934 e ormai saturo. Eppure il network musulmano francese Halalbook osserva che «nella maggioranza dei casi, i musulmani di Francia scelgono di seppellire i parenti all’estero, particolarmente nel Maghreb». Adolescenti che sono francesi da tre generazioni non esitano, registra una ricerca, ad affermare che la Francia non è il loro paese. Dicono: il mio paese è l’Algeria, è la Tunisia.

È la ricerca di un’identità impossibile per loro da trovare in una République che, per dirla con Ernest Meissonier, ha ripudiato il fanatismo dalla quale è nata per farsi amica di tutti. La crisi del 13 novembre ha aperto la scatola. Una crisi, insegna la grande strategia francese, marca una rottura in seno alla continuità, l’interruzione degli automatismi, ma è anche un momento di verità, un rivelatore. Una sepoltura anonima per evitare il peggio non può essere la risposta.