Italia all’ultimo stadio: sono i più vecchi

I nostri impianti hanno un’età media di 68 anni, il doppio di quelli inglesi che sono pieni al 90%: in Serie A arrivano solo al 50%

Italia all’ultimo stadio: sono i più vecchi

Italia all’ultimo stadio: sono i più vecchi

di Paolo Franci

Se fossero persone, con 68 anni di età media, sarebbero già in pensione. Sono, invece, gli stadi del nostro Paese, i più vecchi e retrogradi dell’Europa calcisticamente evoluta (e non solo), con un livello di manutenzione basso e una pessima qualità visiva. Un bilancio severo dello stato in cui versano gli impianti da calcio del nostro Paese che emerge dal volume “Lo stadio del futuro”, realizzato da Marco Casamonti e Massimiliano Giberti, su progetto dell’ad della Lega di serie A, Luigi De Siervo.

Il libro è stato presentato nel corso del convegno della Lega A “Il futuro degli stadi in Italia”, al Salone d’onore del Coni del Foro Italico, al quale hanno partecipato, tra gli altri, il ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, e il presidente della Lega Serie A, Lorenzo Casini.

Il primo dato a saltare all’occhio riguarda l’età media dei nostri stadi - 68 anni - rispetto a quella degli altri Paesi. La differenza è enorme e fa arrossire: gli impianti inglesi hanno la metà degli anni, 35, e si sale fino a 38 per quelli tedeschi. E a testimonianza di quanto il Mondiale del ’90 - si sottolinea nel volume di 360 pagine voluto da De Siervo, un vero e proprio ’manuale’ per la costruzione dei nuovi stadi - sia stato occasione persa, lo dice il fatto che, 30 anni dopo "diversi stadi su cui si era intervenuti sono stati demoliti o fortemente ristrutturati, come il Delle Alpi di Torino o il Sant’Elia di Cagliari per il primo caso (demolizione) o il Friuli di Udine e il Franchi di Firenze (progetto in progress) nel secondo". E non solo: "Per molti altri stadi come l’Olimpico di Roma, il Meazza, il Ferraris di Genova sono numerosi i progetti di sostituzione o ricollocazione presentati negli ultimi decenni a testimonianza del fatto che le scelte portate avanti nel ’90 non hanno prodotto risultati soddisfacenti per la realtà calcistica odierna".

Altro dato da terzo mondo del pallone riguarda gli stadi di proprietà dei club (o in concessione a lungo termine). Qui da noi sono solo il 24% se si considerano le società di Serie A e B a fronte dell’oltre 80% per la Germania e l’Inghilterra. Non solo scomodi, vecchi e complicati nelle soluzioni, ma anche pessimi per qualità visiva. "Molti stadi in Italia hanno ancora la pista di atletica leggera intorno al campo di calcio. Questo fa sì che i tifosi, soprattutto nelle curve, siano molto lontani dalle azioni di gioco, la distanza fra il pallone e il tifoso può arrivare a 180 metri e questo condiziona in maniera grave la qualità dello spettacolo visivo".

Centottanta metri, un’enormità per chi paga il biglietto a caro prezzo, soprattutto in certe partite di livello. E non vi è dubbio sul fatto che tutto questo influisca sull’affluenza di pubblico. I dati sulle affluenze dell’ultima stagione pre-Covid dicono che l’affluenza da noi è stata in media pari al 50%, contro il 90% di Germania e Inghilterra e il 70% di Francia e Spagna. Insomma, siamo gli ultimi della fila tra i Fab Five, i campionati più chic d’Europa.

D’altra parte, anche grazie a misure a volte dolorose nell’ ottica della repressione delle violenza e della sicurezza, gli impianti riqualificati o realizzati ex novo all’estero , per esempio in Inghilterra, sono riusciti a rinnovare la propria identità, consegnandosi al pubblico non più come esclusiva del tifoso, ma anche di bambini, famiglie, turisti, ospiti business, fino alle cosiddette fasce più deboli, anziani e disabili. E c’è un altro dato che deve far riflettere: in un sondaggio riportato nel libro-manuale-report si sottolinea come l’82% degli intervistati nel nostro Paese consideri lo Stadio un luogo non attrattivo ma - attenzione - alla domanda se lo Stadio fosse nuovo di zecca con servizi e opzioni top, comfort, sicurezza, visibilità e tutto il resto, l’86% degli intervistati ha risposto"Sì’, ci andrei eccome!".