Venerdì 19 Aprile 2024

Incubo Juve, ora serve una vera rivoluzione

Allegri non ha ricostruito un gioco per l’Europa nonostante Vlahovic e i costi rimangono altissimi. Presto via i senatori, dubbi su Dybala

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di Paolo Grilli

Cambiare tutto per poi accorgersi che nulla è cambiato: l’Europa respinge ancora una Juve ingenuamente gattopardesca, sempre uguale a se stessa nella proposizione di un calcio essenziale, spietato nelle intenzioni ma quanto mai vulnerabile nella realtà della Champions. La terza uscita di fila agli ottavi costringe la Signora a guardarsi di nuovo allo specchio. Per scoprire che una somma di errori ha prodotto il patatrac e per riscoprire che le rivoluzioni sono processi lenti e spesso dolorosi.

Il gioco che non c’è. Allegri è stato richiamato dopo gli esperimenti abortiti di Sarri e Pirlo. Nessuno si aspettava che Max avrebbe rinnegato il proprio credo calcistico, imperniato sulla vigile attesa per colpire. Poco spettacolo e tanta concretezza. Ma mentre il “sistema“ ha ripreso a funzionare in A dopo le sbandate di inizio stagione, oltre confine mostra tutti i suoi limiti. Tanto da frenare persino la forza di Vlahovic, quella che avrebbe dovuto essere l’arma in più. Contro il Villarreal, a Torino, Dusan ha avuto giusto due palloni sfruttabili per attaccare la porta. Uno l’ha scagliato sulla traversa. Giusto un lampo di Morata nel primo tempo. Tutti gli altri non pervenuti in area.

Tanti costi, pochi benefici. La Juve, tra ingaggi lordi e ammortamenti, arriva a spendere per i suoi giocatori ancora 300 milioni a stagione. Due volte e mezzo quello che sborsa il Villarreal. Il valore della rosa è ancora quello più alto del campionato (fonte Tranfermarkt) arrivando a 553 milioni (ma l’Inter è appena 25 milioni sotto). La gestione della Signora è ancora molto onerosa, e i risultati non vanno di pari passo. I due aumenti di capitale da 300 milioni (due anni fa) e da 400 (fine 2021) sono stati un toccasana per il club. Ma il prossimo bilancio, con i 18 milioni di introiti sfumati – li avrebbe garantiti l’accesso ai quarti – parlerà ancora di un bilancio con un rosso da 200 milioni. Difficilissimo galleggiare in questo mare agitato. Se è vero che solo super fatturati garantiscono vittorie, a volte scalare marcia è vitale nel percorrere queste curve pericolose.

Progetto poco chiaro. Allegri fu giubilato nel 2019 dopo l’uscita ai quarti con l’Ajax (ma poco dopo vinse lo scudetto) perché al suo calcio mancava il necessario tocco europeo. A tre anni di distanza, ci si ritrova nell’identica situazione con Max in panchina. E il rebus diventa quindi poco risolvibile, dopo che nemmeno Sarri, né Pirlo, hanno saputo dare una svolta in questo senso. Per inciso, l’anno scorso il ‘Maestro’ arrivò quarto in A, vinse la Coppa Italia e la Supercoppa. Allegri,al più, potra eguagliarlo se tutto andrà bene. Nonostante la rimonta, i punti dopo 29 giornate sono gli stessi di Pirlo, che poi fu messo alla porta. Cambiare così spesso tecnico non fa mai bene. La dirigenza, senza accordare fiducia a lungo tempo al timoniere, dimostra di voler mettere pezze più che mattoni per il futuro.

La classe che manca. In A la Juve può contare sui guizzi dei singoli, che puntualmente arrivano a decidere la partite. In Champions l’intensità generale in campo inibisce l’invenzione estemporanea, non costruita. Contro un Villarreal acquattato in area, la Juve si è scoperta senza armi. Fallite le occasioni del primo tempo, si è scontrata con la propria mancanza di soluzioni. Le ha trovate invece Emery: perché le aveva. A centrocampo, manca un vero playmaker, non può esserlo Arthur, e proseguirà la corte a Pogba anche se l’austerity di cui si è detto non consentirebbe nemmeno di sognarlo. Più praticabile l’opzione Jorginho, se ci saranno deroghe al divieto di cessioni per il Chelsea. E anche la difesa avrà bisogno di una rinfrescata (Rudiger?). Tutto questo senza contare l’affare Dybala. Se davvero rinnoverà, l’accordo sarà al ribasso: un triennale da 7 milioni senza bonus.