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Trattiamo bene il nostro cervello per mantenerlo sano a lungo

L’invecchiamento della popolazione porterà all’aumento delle malattie neurodegenerative. Mantenere attive le funzioni cognitive è importante

16/04/2023 - di Donatella Barbetta

Anche il cervello invecchia: controlla il pensiero, la memoria, il sonno, i movimenti, la vista ed è ’il regista della nostra salute’, come l’hanno definito gli esperti alla Brain Awareness Week 2023, la settimana della consapevolezza del cervello.

 

Professor Pietro Cortelli, ci sappiamo prendere cura di un organo così importante?

«Non troppo. Pensiamo al sonno. Rispetto a cento anni fa dormiamo due ore di meno ed è una privazione che non giova al nostro cervello, anche se la società ci richiede maggiore presenza sul lavoro e più competitività», risponde il direttore operativo dell’Irccs Istituto delle scienze neurologiche di Bologna, appartenente all’Ausl bolognese e situato principalmente all’ospedale Bellaria.

 

Qual è il suo consiglio?

«Per avere rispetto del cervello occorre trovare momenti di recupero e riposo in cui dedicarsi ad attività semplici per le funzioni cognitive, come la lettura o l’attività fisica. Il cervello stabilisce qual è la nostra capacità di affrontare lo stress quotidiano e dobbiamo assecondarlo, rallentando i ritmi forsennati in cui spesso viviamo. Un secolo fa si campava meno, ma l’uomo si rapportava all’ambiente in modo più naturale, senza luce elettrica si andava a letto quando diventava buio. E la pennichella, anche solo di venti minuti, è un modo per recuperare energie».

 

L’invecchiamento della popolazione rappresenta un rischio per il cervello?

«Oggi l’età media è di 84,1 anni, 81,90 per gli uomini e 85,97 per le donne: con l’aumento dell’invecchiamento crescono anche le malattie neurodegenerative. Si stima che nel 2050 la maggioranza della popolazione avrà più di 65 anni e quindi ci sarà un’epidemia di malattie che hanno come fattore di rischio l’età».

 

Come funziona il cervello?

«È l’organo più complesso del nostro corpo: agisce per mantenere il funzionamento dei nostri organi interni e ci permette anche l’adattamento con l’esterno ed lì che risiedono la creatività, la coscienza, la consapevolezza e anche la capacità straordinaria del libero arbitrio, che ha solo l’uomo, attraverso la quale possiamo seguire anche una strada che non è la migliore per la nostra salute. Per produrre il comportamento più adatto tra mondo esterno e mondo interno si attiva un circuito giorno e notte. E torniamo all’importanza del sonno: non è un caso che chi soffre di mal di testa, spesso dorme male».

 

Quanti soffrono di mal di testa?

«Tra le malattie neurologiche con un impatto importante sulla qualità di vita c’è la cefalea, ne esistono più di 300 tipi, e la forma più comune è l’emicrania, chiamata così perché l’attacco inizia nella parte anteriore o su un lato della testa: colpisce il 19% delle donne in età fertile e l’8% degli uomini. L’1% degli italiani ha più di 15 giorni al mese rovinati da questa patologia. L’emicrania, dolore non riferibile a lesioni intracraniche, è il modo in cui il cervello ci segnala che stiamo consumando più energie di quelle che abbiamo in riserva, per cui spesso, per curare l’emicrania bisogna modificare lo stile di vita. Le terapie con gli anticorpi monoclonali anti CGRP, attraverso iniezioni sottocute, si sono dimostrate molto efficaci nel ridurre il numero di crisi».

 

A che punto sono gli studi sul Parkinson?

«In Italia ne soffrono circa 300mila persone e la malattia è prevalente nei maschi. Sappiamo che l’eziologia, ossia l’origine, è un misto tra fattori ambientali, genetici ed epigenetici, che l’invecchiamento espone di più alla patologia, così come vivere in un ambiente rurale ne facilita l’insorgenza. Nel nostro centro recentemente abbiamo condotto una ricerca su 500 pazienti in terapia, 308 maschi e 192 femmine, che hanno eseguito il monitoraggio della levodopa, il farmaco utilizzato per il trattamento sintomatico del disturbo motorio della malattia ed è emerso che il sesso influenza le concentrazioni ematiche di levodopa, abbiamo trovato una quantità più alta nelle donne. Quindi le pazienti possono assumere un dosaggio inferiore di levodopa per ottenere lo stesso effetto».

 

L’Alzheimer è in aumento?

«In Italia ci sono attualmente un po’ meno di 1,5 milioni di persone con demenza: un numero destinato ad aumentare del 56% entro il 2050, quando le persone con demenza saranno più di 2,3 milioni. Si tratta di cifre molto preoccupanti che comunque, secondo gli esperti, potrebbero anche sottovalutare la vera portata del problema. Tra i 70 e il 90 anni siamo attorno al 20%. Le donne sono più colpite, ma il perché è ancora sconosciuto. La malattia tende a manifestarsi più tardivamente nei laureati e in chi ha una riserva cognitiva più ampia».

 

C’è un modo di fare prevenzione?

«Sicuramente aiuta mantenere attive le funzioni cognitive: conversare, leggere, avere una vita ricca di relazioni».

 

Tumori cerebrali. A che punto è la ricerca?

«I tumori maligni sono rari, l’incidenza è stabile, le aspettative di vita sono migliorate grazie all’utilizzo di nuovi farmaci biologici. La nostra unità oncologica dedicata ai tumori del sistema nervoso, dove si svolgono molti studi clinici di farmaci, è un punto di riferimento nazionale. E presto, grazie alla generosità della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, ci doteremo di un dispositivo chiamato Cyberknife, ossia il bisturi cibernetico, che verrà utilizzato per la radioterapia ad altissima definizione: è dotato di un braccio robotico e va a colpire le cellule tumorali riducendo al minimo l’irradiazione nei tessuti sani circostanti».

 

 

Il profilo

 

Pietro Cortelli, 68 anni, bolognese, laureato in Medicina e chirurgia all’Alma Mater, dove si è poi specializzato in Neurologia, si è formato anche al Institute of Neurology e al St. Mary’s Hospital di Londra. È professore ordinario al Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie di Unibo. In particolare si è dedicato allo studio e al trattamento del Parkinson, dell’Alzheimer, delle cefalee primarie e delle malattie del sistema nervoso vegetativo.

 

 

Un Centro di riferimento internazionale per le malattie del sistema nervoso

 

«L’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Isnb (Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna), dedicato alle malattie neurologiche, si occupa di portare nella pratica clinica i risultati delle ricerche fatte nel nostro Istituto e nei centri più avanzati nel mondo, la nostra ricerca è di carattere traslazionale, quindi mira alle applicazioni terapeutiche. Abbiamo 140 neurologi che ogni giorno lavorano sia per la ricerca sia per migliorare l’assistenza degli oltre 20mila pazienti che ogni anno si presentano nella nostra struttura», precisa Pietro Cortelli, direttore operativo dell’Irccs Isnb. Il neurologo ricorda anche che l’Istituto è «centro di riferimento nazionale e internazionale per disturbi del movimento, le cefalee, le malattie mitocondriali, neuromuscolari, l’epilessia, le malattie rare neurologiche dell’adulto e dell’età pediatrica, le malattie del sonno e le malattie del sistema nervoso vegetativo».