Benessere

Thè verde, l’elisir antitumorale da bere tiepido

di
Ciro Vestita
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Il 25 luglio del 1943 Re Emanuele III fece arrestare Mussolini affidando il governo al generale Badoglio. Questi era un mediocre cui fu dato il compito di rassicurare Hitler che l’Italia sarebbe rimasta fedele al Reich; i tedeschi ovviamente non ci cascarono iniziando così l’Operazione Alarico e cioè l’invasione della nostra penisola. Nel contempo arrivò a Roma il generale inglese Taylor il quale propose a Badoglio un incontro per programmare l’arrivo di ottomila marines per proteggere Roma ed il Papa. L’incontro per motivi di sicurezza doveva avvenire di notte – e qui Badoglio fece la sua – all’appuntamento si fece trovare in pigiama rosa con papalina sulla testa: a Taylor, uomo duro abituato alle trincee cascarono le braccia e quindi non se ne fece di nulla.

 

L’italia fu invasa dai tedeschi mentre il Re e Badoglio se la svignavano a Brindisi, da allora i Britannici coniarono il termine “Badogliate” sinonimo di vigliaccheria ed inconcludenza. Anche gli Inglesi nella loro storia ne hanno fatte di pesanti, come ad esempio dominare da despoti le loro colonie ma anche ridurre alla fame intere popolazioni grazie a scorrettezze commerciali.

 

Nel diciannovesimo secolo l’Inghilterra era il più grande consumatore di thé al mondo. Famosa l’abitudine del Conte di Sandwich di pranzare solo con thè più due fettine di pane e burro, pasto veloce per non staccarsi mai dal tavolo da gioco. Da lui il termine Sandwich celeberrimo panino veloce e sfizioso. Ma, ahimé, tutto il thè inglese veniva dalle Indie (in quel tempo colonia britannica) e non era di buona qualità. Il migliore, quello cinese, era sotto il rigido controllo dei mandarini che lo esportavano in tutto il mondo vietando nel contempo a chicchessia la vendita dei semi delle piante.

 

La compagnia delle Indie incaricò allora un botanico scozzese, Robert Fortune, di recarsi in Cina per compiere un vero e proprio spionaggio industriale. Questi, sfidando più volte l’impiccagione, riuscì a farsi consegnare da contadini cinesi alcuni pregiati semi che, portati in India, dettero lentamente inizio alla produzione di un ottimo thè esportato in tutto il mondo. Per la Cina, poco organizzata nei commerci, fu un disastro: le loro esportazioni crollarono dando inizio ad una grande carestia.

 

Dal punto di vista nutraceutico sia il thè nero che il thè verde derivano dalla stessa pianta, la camelia sinensis, la loro differenza sta nella lavorazione: quella del thè verde è più gentile e non permette l’ossidazione (e quindi la perdita) di sostanze nutritive e terapeutiche. Attualmente il thè verde, grazie al suo contenuto in catechine, è considerato la migliore arma naturale nella profilassi di tanti tumori. I popoli che ne fanno un uso continuo si ammalano molto poco di patologie tumorali. Il thè però va saputo preparare, è sbagliato infatti farlo bollire ma è sbagliato anche tenere la bustina in infusione in acqua bollente. L’elevata temperatura della ebollizione (100 gradi) rovina infatti i principi attivi di questa pianta medicale: il miglior metodo di preparazione è versare sulla bustina dell’acqua tiepido calda (80 gradi). E giacché ci stiamo avvicinando all’estate riferiamo di un’ottima abitudine cinese per dissetarsi nei giorni afosi, quella cioè di bere molto thè ma non ghiacciato (come si usa nel mondo occidentale) bensi tiepido; in questo modo paradossalmente disseta molto di più.

 

E i sandwich? Se fatti con del buon burro e un po’ di pasta di acciughe sono assolutamente salutari.

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