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Sclerosi multipla, la ricerca punta sugli inibitori Btk

Doppio meccanismo, periferico e centrale, spegne le lesioni, riduce la progressione

11/10/2023

Sclerosi multipla, si apre un nuovo promettente capitolo nelle terapie delle forme recidivanti remittenti, con farmaci più maneggevoli e ugualmente efficaci. In occasione del congresso internazionale di Milano, organizzato dal Comitato europeo per il trattamento e la ricerca sulla sclerosi multipla (Ectrims) in tandem con l’omonimo comitato americano (Actrims) e il supporto dell’Associazione italiana sclerosi multipla (Aism) si è parlato infatti del ruolo degli inibitori della tirosin-chinasi di Bruton. Si tratta di piccole molecole da assumere per bocca, e che si sono dimostrate in grado di modulare il segnale cosiddetto Btk, associato alle cellule B, parte del complesso scenario immunologico che provoca i guasti della sclerosi multipla.

 

Massimo Filippi, direttore della Neurologia, Neurofisiologia e Neuroriabilitazione dell’Irccs San Raffaele di Milano, avvicinato durante una pausa nei lavori, ha spiegato che inibitori della tirosin-chinasi di Bruton sembrano essere effettivamente molto efficaci perché agiscono sia a livello periferico, sia a livello centrale, e si è visto che riescono a modulare e abbassare l’entità delle risposte immunitarie sfavorevoli.

 

Secondo il professor Filippi, queste piccole molecole sembrano agire sia sulla componente infiammatoria periferica della malattia, quella classica che conosciamo da tempo e che provoca le ricadute e le nuove lesioni attive visibili alla risonanza magnetica, sia sulla parte di cellule immunitarie all’interno del sistema nervoso centrale, tra cui la microglia, che si ritiene siano costantemente attivate fin dal primo giorno della malattia e che possono essere la causa di quel progressivo lento e insidioso danno al sistema nervoso centrale, definito smouldering dagli autori anglosassoni. L’illustre neurologo ha anche spiegato che il danno, superata una certa soglia, si traduce in progressione di malattia, una sorta di punto di non ritorno nella storia clinica del paziente. Gli sforzi dei ricercatori sono stati quelli di cercare di fermare la catena degli eventi che mette in moto la progressione e quindi lo scivolamento lento verso gradi crescenti di disabilità.

 

In occasione del congresso Ectrims Actrims di Milano sono stati presentati in particolare i dati relativi a evobrutinib, inibitore della Btk (tirosin-chinasi di Bruton), in grado di diffondere nel sistema nervoso centrale, con un beneficio clinico prolungato fino a cinque anni nei soggetti con sclerosi multipla recidivante. ”I dati che per ora abbiamo a disposizione – ha concluso il professor Filippi – indicano una capacità di questa classe di molecole di ridurre le cosiddette lesioni cronico-attive, che si ritengono essere la base biologica di questa smouldering inflammation, ma anche l’atrofia, ovvero il danno definitivo per il tessuto cerebrale”.