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Il caos del cervello? A tutte le età

Uno studio italiano ha misurato i cambiamenti del ritmo delle onde cerebrali nell’invecchiamento

22/01/2023

Si dice spesso che l’invecchiamento inizia nel momento stesso in cui nasciamo, perché è un processo graduale e continuo che porta a cambiamenti fisici, biologici, cognitivi e psicologici legati al progredire dell’età.

 

Però con invecchiamento, oggigiorno, intediamo la fasi della vita dopo gli ’anta’ e oltre: studiare come il cervello cambia durante l’invecchiamento è fondamentale per ottenere una migliore comprensione di come l’età influenzi le funzioni cognitive e identificare fasi precoci di condizioni patologiche e neurodegenerative, come ad esempio la demenza di Alzheimer.

 

Uno studio condotto dal prof. Fabrizio Vecchio, dal prof. Paolo Maria Rossini e collaboratori nel laboratorio di Brain Connectivity dell’IRCCS San Raffaele, pubblicato di recente sulla prestigiosa rivista ‘GeroScience’, ha avuto come principale obiettivo proprio lo studio dell’invecchiamento fisiologico attraverso l’esplorazione di un parametro, chiamato entropia, estratto dai segnali elettrici del cervello umano.

 

Questa misura consente di quantificare il livello di informazione, incertezza o ‘graduale tendenza al disordine’ in un segnale per definizione molto irregolare, rappresentando, se applicato all’elettroencefalografia, dunque, un indice quantitativo della casualità e del disordine del sistema dinamico cerebrale e un potente strumento per analizzare qualsiasi stato mentale.

 

«Per spiegarsi meglio – dice il prof Fabrizio Vecchio – è utile immaginare l’immensa popolazione delle cellule nervose (circa 100 miliardi in un cervello umano adulto) come un sistema che partendo da uno stato di base può muoversi in varie direzioni in risposta a uno stimolo, o in presenza di condizioni di invecchiamento fisiologico o patologico.

 

L’organizzazione del cervello (cellule e circuiti nervosi) devia infatti dal suo stato di base a un diverso stato che può dar luogo a un sistema meno complesso (attività neurale più regolare) o a uno più complesso (attività neurale più irregolare». Nello studio condotto nel laboratorio di Brain Connectivity, 161 volontari (72 giovani e 89 anziani) sono stati sottoposti a registrazione elettroencefalografica.

 

L’entropia è stata calcolata sull’intero contenuto del tracciato EEG e dopo averlo suddiviso nelle sue tipiche bande di oscillazione (delta, theta, alpha 1, alpha 2, beta 1, beta 2, gamma).

 

«I due gruppi di volontari – sottolinea Rossini, – hanno mostrato valori di entropia differenti, in particolare più alti negli anziani che nei giovani nell’intero contenuto in frequenza del segnale EEG e nei ritmi lenti (delta, theta).

 

Al contrario nei ritmi veloci (beta2 e gamma) il cervello giovane ha mostrato valori più alti e quindi un maggiore caos cerebrale. Questo cambiamento con l’avanzare dell’età può essere considerato un biomarcatore di invecchiamento cerebrale anche sul piano cognitivo».

 

Inoltre, è stato implementato un algoritmo di intelligenza artificiale (con performance elevatissimei di accuratezza) in grado di classificare e distinguere automaticamente, a partire dai parametri di entropia, l’attività elettroencefalografica di un cervello giovane da uno anziano.

 

L’entropia, quindi, si è dimostrata un indice altamente accurato per lo studio di cambiamenti età-correlati della funzione cerebrale, aprendo la strada a studi futuri per l’identificazione precoce di patologie neurodegenerative legate all’invecchiamento.

 

 

Pronti i primi neuroni artificiali o coltivati in laboratorio

 

cervello

 

Due nuovi risultati ottenuti con le cellule nervose promettono di rendere realtà future terapie contro lesioni al midollo spinale e malattie neurodegenerative, come Parkinson, Alzheimer e Sclerosi laterale amiotrofica (Sla).

 

I primi neuroni artificiali, che imitano quasi del tutto le cellule nervose biologiche, sono stati ottenuti da ricercatori guidati dall’italiano Simone Fabiano della svedese Linköping University, che hanno pubblicato il risultato raggiunto sulla rivista ’Nature Materials’: nei topi, questi neuroni hanno modificato la frequenza cardiaca.

 

I ricercatori sono riusciti ad ottenere neuroni artificiali che imitano ben 15 delle 20 caratteristiche fondamentali che descrivono i neuroni biologici, permettendone un funzionamento molto simile a quello naturale. Il prossimo passo sarà cercare di ridurre il consumo energetico dei dispositivi, ancora elevato rispetto alle cellule umane.

 

Il secondo passo avanti riguarda invece i primi neuroni maturi coltivati in laboratorio, ottenuti grazie allo studio guidato dalla statunitense Northwestern University e pubblicato sulla rivista ’Cell Stem Cell’.

 

Si tratta di neuroni ottenuti a partire da cellule staminali, portati ad un livello di sviluppo mai raggiunto prima, grazie ad un’innovativa tecnica che fa crescere le cellule su un materiale sintetico composto da nanofibre ‘danzanti’, che sono cioè in costante movimento imitando il comportamento delle molecole biologiche.

 

Grazie a questo metodo, gli autori dello studio sono riusciti a portare i neuroni oltre lo stadio di crescita molto immatura solitamente raggiunto, ottenendo anche maggiori capacità di produrre segnali e di stabilire contatti tra neuroni, due fattori fondamentali.

 

I neuroni così ottenuti, non solo aprono la strada alla possibilità di nuove cure basate sul trapianto di neuroni perfettamente funzionanti, ma presentano anche nuove opportunità per lo studio di malattie neurodegenerative e legate all’età.