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Gioco di squadra contro l’ipertensione polmonare

Il professor Michele D’Alto: «In un ’centro esperto’ il paziente trova un team multidisciplinare che lo segue a 360 gradi». Farmaco biologico al vaglio della Fda

17/09/2023

«L’ipertensione polmonare colpisce circa l’1% della popolazione mondiale e si manifesta in diverse condizioni, ad esempio quando una delle valvole del cuore (la mitrale o l’aorta) funziona male, o quando vi è un problema polmonare cronico (enfisema o fibrosi)». È quanto spiega il professor Michele D’Alto (nella foto sotto) cardiologo, responsabile del Centro per l’ipertensione polmonare dell’Ospedale Monaldi di Napoli, membro dell’ European Society of Cardiology e dell’American College of Cardiology, facendo il punto su questa malattia e sulle nuove terapie allo studio.

 

Nel dettaglio cos’è l’ipertensione polmonare?

«L’ipertensione polmonare non è altro che l’aumento della pressione nelle arterie polmonari. In condizioni normali la pressione polmonare media è di circa 15 mmHg, in caso di ipertensione polmonare può aumentare fino a 80-100 mmHg».

 

E l’ipertensione arteriosa polmonare?

«Si tratta di una forma rara ed aggressiva di ipertensione polmonare la cui origine è sconosciuta. Coinvolge 50-60 persone su un milione. Si calcola che in Italia, quindi, ci siano 3500 persone affette ed in Europa circa 30mila. È una malattia che nasce direttamente nelle arterie polmonari e determina scompenso cardiaco».

 

Come si riconosce?

«I classici sintomi sentinella sono poco specifici e comuni a tante malattie: stanchezza immotivata, fiato corto, affanno, gonfione alle gambe. Raramente la malattia esordisce con la sincope (uno svenimento)».

 

Come viene effettuata la diagnosi?

«Proprio la scarsa specificità dei sintomi, che sono comuni a tante malattie cardiache e polmonari, rende la diagnosi difficile. Si calcola che il tempo medio che intercorre tra l’inizio dei sintomi è la diagnosi sia di circa due anni: un ritardo inaccettabile. La diagnosi definitiva viene fatta nei centri esperti (centri di terzo livello) con una serie di esami strumentali: ecocardiogramma, prove spirometriche, TAC torace ad alta risoluzione, AngioTAC torace, scintigrafia polmonare e cateterismo cardiaco».

 

Quali sono i soggetti maggiormente colpiti dalla forma più ‘maligna’ della malattia, l’ipertensione arteriosa polmonare?

«La malattia è più frequente nelle donne, ma ha un decorso più grave negli uomini. Predilige una larga fascia di età intermedia (tra il 30 e i 60 anni), ma le età estreme non sono del tutto risparmiate. Inoltre, la gestione della terapia è più complessa nei bambini e negli anziani».

 

Che aspettativa di vita hanno le persone affette da ipertensione arteriosa polmonare?

«Negli ultimi decenni sono stati studiati molti farmaci per l’ipertensione arteriosa polmonare ed attualmente ce ne sono 10 in commercio. La diagnosi precoce, la migliore conoscenza della malattia, la presenza di numerosi farmaci, ha permesso di migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita in questi pazienti. La terapia, però, deve essere fatta nei Centri esperti perché la combinazione dei farmaci e il loro utilizzo non è semplice».

 

Come è organizzato un Centro esperto?

«Il nostro centro, quello del Monaldi di Napoli, segue circa 350 pazienti con ipertensione arteriosa polmonare ed è uno dei primi 10 in Europa. Il Centro esperto è caratterizzato da un team multidisciplinare (cardiologi, pneumologi, internisti, reumatologi, radiologi, chirurghi, infermieri specializzati, psicologi, assistenti sociali) che si prende cura a 360 gradi del malato interagendo, fra l’altro, con i familiari e le associazioni pazienti».

 

Cosa si può fare per migliorare?

«Per migliorare si può rinforzare la rete tra centri esperti e centri meno esperti, anticipare la diagnosi, creare percorsi preferenziali per i pazienti, sostenere la ricerca. Credo che siamo sulla strada giusta: il nostro ospedale e le istituzioni sono impegnate con noi in questa direzione».

 

Se la patologia è curata, e diagnostica, in maniera tempestiva si può arrivare a una guarigione completa?

«In realtà la completa guarigione dalla malattia è molto rara, ma con un’adeguata terapia è possibile ostacolarne la progressione consentendo al paziente un ritorno alla vita normale. Questo è un grandissimo progresso rispetto al passato».

 

Sul fronte delle terapie cosa possiamo aspettarci dal futuro?

«C’è un grande fermento nel campo dell’ipertensione polmonare e ci sono grandi novità dietro l’angolo. Un nuovo farmaco biologico, il Sotatercept, sta per essere approvato dall’Organo di controllo americano (Food and Drug Administration, FDA) ed arriverà presto in Italia. Gli studi sono promettenti: i ricoveri assumendo il Sotatercept si riducono di oltre l’80% e le lesioni arteriose polmonari sembrano modificarsi in maniera decisiva. Altri nuovi farmaci sono allo studio e noi stiamo contribuendo con entusiasmo a questi nuovi appassionanti capitoli della ricerca medica».