Epilessia, farmaci e dieta equilibrata favoriscono il benessere individuale
Ricerche sui nutrienti che riducono la suscettibilità delle fibre nervose
Un regime dietetico corretto ed equilibrato è sempre raccomandato nelle persone con epilessia, anche in quelle che aderiscono a una terapia farmacologica con buoni risultati. “In generale – ha dichiarato Laura Tassi, presidente Lice, Lega Italiana Contro l’Epilessia – un’alimentazione varia, unitamente a uno stile di vita che includa un’attività fisica moderata, possono determinare un reale miglioramento del benessere individuale. Per il controllo delle crisi è importante evitare l’assunzione di droghe e non esagerare con l’alcol e soprattutto assumere regolarmente i farmaci”.
Dunque la salute delle persone affette da epilessia, disturbo del sistema nervoso centrale che in Italia interessa circa 600 mila persone, può avvalersi di alcuni nutrienti che hanno mostrato un potenziale neuroprotettivo? Ad esempio la vitamina B6, anche detta piridossina, essenziale per alcune funzioni del sistema nervoso, in particolare per l’intervento nella sintesi di neurotrasmettitori come la serotonina (mediatore chimico degli impulsi nervosi), l’istamina, la taurina e la dopamina.
Video. Rete promuove l’assistenza
Precisiamo subito che oggi esistono farmaci di nuova generazione, con meccanismi d’azione in grado di incidere su più fattori determinanti. Gli inconvenienti legati ai farmaci del passato oggi sono superati. Un neurologo esperto è in grado di indicare al medico di medicina generale la migliore condotta terapeutica.
Alimenti neuroprotettivi e vitamine
Tornando ai fattori alimentari, la vitamina B6 si trova principalmente legata alle proteine, sia in alimenti vegetali come verdura, legumi, frutta secca, sia in quelli di origine animale come uova, carni e pesce. Altri nutrienti funzionali possono avere un ruolo nell’attenuare l’entità e la frequenza delle crisi: alcuni esempi sono gli Omega3, assimilabili con il salmone, il pesce azzurro e la frutta secca. E anche la vitamina D3 assimilabile principalmente da alimenti di origine animale quali pesce azzurro, uova, e latte e suoi derivati. La vitamina E è presente in grande quantità negli olii vegetali, ma anche nei cereali integrali, nelle uova e in alcune verdure come gli spinaci. La vitamina C è invece abbondante nella frutta fresca, alcune verdure come radicchio, spinaci, broccoletti, ortaggi come broccoli, cavoli, pomodori e peperoni, tuberi e patate.
Epilessie resistenti ai farmaci
Attualmente solo il 60% dei pazienti con epilessia ha un completo controllo delle crisi grazie alla terapia, esistono infatti anche forme indifferenti o resistenti all’azione dei farmaci. Per questi le opzioni sono limitate al trattamento chirurgico (praticabile tuttavia solo in casi selezionati), o in soluzioni palliative.
Link. Terapie sintomatiche e antiossidanti
Ora, si è visto che una dieta dieta ricca in grassi polinsaturi (per limitare il colesterolo), e povera in carboidrati, porta alla formazione di corpi chetonici che l’organismo produce quando la quantità di zuccheri introdotta durante i pasti è ridotta, e le scorte a livello di fegato e tessuti sono pressoché esaurite. In questo frangente, da praticare solo sotto stretto controllo medico, la maggior parte di organi e tessuti passa a utilizzare gli acidi grassi. La dieta chetogenica potrebbe essere una opzione percorribile? La domanda sorge spontanea perché sembra che i corpi chetonici siano in grado di ridurre l’eccitabilità dei neuroni coinvolti nella genesi delle crisi epilettiche. Ma quello che si osserva in laboratorio si traduce anche in benefici nella pratica clinica? Sentiamo cosa dice l’esperta.
“Siamo nell’ambito di decisioni di pertinenza del medico – precisa Valentina De Giorgis, medico responsabile del gruppo di studio Dietoterapie della Lice – per cui la condotta va demandata al controllo da parte dello specialista. La scelta di un intervento dietetico per il trattamento delle epilessie farmacoresistenti deve seguire sempre una attenta valutazione della sua opportunità e sostenibilità nel tempo, individuando quei pazienti in cui la dieta può essere effettivamente utile, monitorandone in maniera costante la sua corretta applicazione, minimizzando così i potenziali effetti collaterali indesiderati”.