Giovedì 25 Aprile 2024

Roma, talpa in Procura. Marianera e De Vivo a processo il 7 giugno

La praticante avvocata e il suo compagno sono accusati di aver venduto a indagati informazioni coperte dal segreto istruttorio. Ma si cerca ancora la ‘gola profonda’

Roma, 3 maggio 2023 – É stato fissato per il 7 giugno davanti ai giudici dell'ottava sezione penale, l'inizio del processo nei confronti di Camilla Marianera, la praticante avvocata finita in carcere a Roma insieme al suo compagno Jacopo De Vivo con l'accusa di corruzione in atti giudiziari.

I due sono accusati dai pm capitolini, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, che hanno chiesto e ottenuto il giudizio immediato, di avere 'venduto' in cambio di 'mazzette', notizie coperte dal segreto istruttorio.

Confermato il carcere

Lo scorso marzo il tribunale del Riesame ha confermato il carcere per Marianera (De Vivo aveva rinunciato al ricorso) non accogliendo l'istanza del difensore. La praticante avvocata, nel corso del suo interrogatorio si era avvalsa della facoltà di non rispondere dichiarando però che nei dialoghi intercettati aveva ''millantato'' di avere una fonte ma che non aveva rapporti con alcun pubblico ufficiale nell'ufficio intercettazioni e che non aveva mai ricevuto e consegnato soldi.

Informazioni su intercettazioni

Secondo l'atto d'accusa dei pm della procura di Roma, dal 2021 al dicembre scorso, Marianera e il compagno ''erogavano utilità economiche a un pubblico ufficiale allo stato ignoto, appartenente agli uffici giudiziari di Roma e addetto all'ufficio intercettazioni, perché ponesse in essere atti contrari ai doveri del suo ufficio, consistenti nel rilevare l'esistenza di procedimenti penali coperti dal segreto, l'esistenza di intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, atti remunerati mediamente nella misura di 300 euro a richiesta''. L'inchiesta intanto è in corso e punta a individuare la 'talpa' che dall'ufficio intercettazioni di piazzale Clodio passava informazioni coperte da segreto d'ufficio alla praticante avvocato e al suo compagno. 

Elementi ‘precisi e riservati'

Secondo il Tribunale del Riesame, che nelle scorse settimane ha confermato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, ci sono molteplici elementi di riscontro alle intercettazioni di Marianera e De Vivo, in particolare, in relazione al funzionamento del programma utilizzato nella sala intercettazioni. La praticante avvocato riferiva, secondo quanto contenuto negli atti all'inchiesta, che quando l'intercettazione, i servizi ocp, di osservazione telematica erano terminati nel sistema veniva inserito il termine ''cessato'' che, dal programma, viene evidenziato con il colore rosso. Un elemento conosciuto però, secondo quanto emerso dalle indagini, solo dalle persone interne all'ufficio intercettazioni e in uso esclusivo in procura a Roma, essendo stato, a suo tempo, ideato proprio da un appartenente all'ufficio.

Computer non inseriti in rete

Un programma di intercettazione installato solo su quattro computer non inseriti nella rete interna della Procura nella zona front office e in un ufficio attiguo, non aperti agli avvocati o a loro delegati. Nel motivare la loro decisione i giudici del Riesame sottolineano come le circostanze confermino i diversi dialoghi intercettati e dimostrino come la praticante avvocata abbia avuto effettivamente accesso ad informazioni riservate che non avrebbe potuto avere se non da un pubblico funzionario interno all'ufficio intercettazioni. Nel confermare il carcere il Riesame sottolinea l'estrema gravità dei fatti, il contesto emerso dalle indagini definito inquietante e il ricorso dell'indagata con abitualità e naturalezza a canali ''alternativi'', a sistemi corruttivi capaci di incidere sulle indagini, fino a comprometterle.

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