Mercoledì 24 Aprile 2024

Grandi manovre nel Pd: battaglia sui capigruppo. La minoranza scalpita, veto su Boccia

Schlein non ha ancora ripreso il dialogo con Bonaccini. Alla Camera potrebbe andare Bonafè al posto di Serracchiani. Domenica a Roma l’assemblea nazionale, il nodo presidenza

Roma, 8 marzo 2023 - Fare o non fare prigionieri? Per la neosegretaria del Pd Elly Schlein il dilemma politico è lo stesso che, mutatis mutandis , si ripete incrollabile da tempi della clementia caesaris accordata dal divo Giulio (quello vero) all’indomani della battaglia di Farsalo in cui nel 48 a.C. sconfisse Pompeo e l’aristocrazia senatoria. E domenica, nelle trasparenze della nuvola di Fuksas dove si riunirà a Roma l’assemblea nazionale, anche la nuova leadership del Pd si troverà di fronte a questa scelta più o meno spietata quanto ragionata.

Il primo incontro tra Elly Schlein, 37 anni e Stefano Bonaccini, classe 1967
Il primo incontro tra Elly Schlein, 37 anni e Stefano Bonaccini, classe 1967

Nella minoranza si scontrano infatti due orientamenti: uno via via che passano le ore sempre più propenso alla gestione unitaria, l’altro che invece preferirebbe arroccarsi aspettando che anche Schlein venga triturata. A questo punta specialmente parte del gruppo di Palazzo Madama di stretta osservanza bonacciniana, che sta recapitando al Nazareno messaggi di indisponibilità a votare Francesco Boccia alla presidenza, dal momento che Alessandro Alfieri di base riformista avrebbe la maggioranza.

Da come reagirà al tentativo di arrocco si potrà misurare la determinazione della nuova segretaria a non ripetere l’errore fatto da Nicola Zingaretti: quando all’indomani dell’elezione a segretario confermò i due capigruppo renziani Graziano Delrio alla Camera e Andrea Marcucci al Senato. Ragion per cui anche Debora Serracchiani, per quanto lettiana e per questa via disposta al dialogo con Schlein, non dovrebbe esser confermata a Montecitorio. Semmai, nel caso di un’intesa complessiva con la minoranza, alla guida del gruppo per la minoranza potrebbe andare Simona Bonafè. E ovviamente in questo caso i gruppi acclamerebbero senza votazione le rispettive presidenze.A dimostrazione di come le accelerazioni gravitazionali stanno agendo all’interno del partito all’indomani delle primarie, sindaci come Gualtieri a Roma, Ricci a Pesaro, Nardella a Firenze non nascondono la loro disponibilità a un’intesa con la segretaria che pure non hanno sostenuto. Sull’altro fronte Gori a Bergamo, Lo Russo a Torino, Decaro a Bari sono più orientati a tener duro. Senonché la nuova segretaria gode, nel bene e nel male, del vento in poppa di un effettivo feeling con l’emotività della politica contemporanea che in vista delle Europee la può portare a rimontare sui 5 stelle di Conte. Tanto è vero che Beppe Grillo ha già capito l’antifona e blandito la segretaria. Mentre il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi già evoca alleanze coi grillini alle prossime regionali in barba al niet del governatore De Luca.