"Torno a fare il giornalista e continuerò a guardare la politica, perché è una passione. Io candidato alle prossime elezioni politiche? Abbiamo già dato: mi sembra che alla politica abbia pagato un tributo piuttosto alto. Poi mai dire mai, il tempo lenisce le ferite e tante delusioni". Giovanni Toti, l’ex presidente della Regione Liguria arrestato lo scorso 7 maggio nell’ambito dell’inchiesta che ha terremotato la Liguria, chiude i conti con la giustizia e, per ora, anche quelli con la politica. Ieri, l’ufficializzazione dell’accordo tra l’avvocato Stefano Savi e la Procura di Genova che da quattro anni indaga sul presunto malaffare tra politica e imprenditoria: per l’ex governatore ligure, un patteggiamento per le accuse di corruzione e finanziamento illecito ai partiti che lo vedrà scontare 1500 ore di lavori di pubblica utilità in luogo di una pena di due anni e un mese, oltre alla confisca di 84.100 euro depositati nei conti del comitato politico, l’interdizione temporanea dai pubblici uffici e l’impossibilità di contrattare con le pubbliche amministrazioni per la durata della pena. Spetterà al giudice mettere la parola fine su una vicenda capace in pochi mesi di portare il governatore alle dimissioni e la Liguria nuovamente al voto, ma già ieri Toti non ha esitato a tracciare, da par suo, gli accadimenti degli ultimi quattro mesi.
"Si dice che la montagna ha partito un topolino, e mi pare che sia questo il caso", dice sicuro l’ex governatore, che ricorda gli ottantasei giorni di arresti domiciliari revocati solo dopo le dimissioni presentate alla fine di luglio, e soprattutto sottolinea che le accuse della Procura "dopo quattro anni di inchieste, intercettazioni e pedinamenti, si risolvono in qualcosa di francamente molto derubricato rispetto all’inizio. Tutti gli accordi – ha aggiunto, commentando il patteggiamento – lasciano sentimenti diversi: da una parte l’amarezza di non aver visto riconosciute tutte le nostre ragioni, dall’altra il sollievo di averne viste riconosciute un pezzo importante, ovvero che nessun atto illecito è stato compiuto, che tutte le pratiche che sono state fatte sono legittime, che tutti i soldi che sono stati donati ai comitati politici sono stati usati solo per la politica e non per l’arricchimento personale. Non abbiamo ammesso alcuna colpa".
Se il giudice ratificherà i patteggiamenti, come appare scontato, il processo immediato fissato per il 5 novembre salterà. Resta invece ancora in piedi il secondo filone di indagine e cioè quello per corruzione elettorale e altri reati. I pm contano di chiuderlo entro fine anno. Ci sono indagate una trentina di persone e ad alcune è contestata anche l’aggravante mafiosa.
Anche l’ex presidente dell’Autorità portuale Paolo Emilio Signorini, tramite gli avvocati Enrico e Mario Scopesi, ha trovato l’accordo con i pubblici ministeri Luca Monteverde e Federico Manotti per un patteggiamento a tre anni e cinque mesi.
Adesso la decisione spetterà al giudice per l’udienza preliminare che dovrà fissare una udienza, presumibilmente intorno al 15 ottobre. È ancora da definire, invece, la posizione dell’imprenditore Aldo Spinelli, secondo la procura il "grande corruttore": anche per lui la procura ha proposto il patteggiamento. I suoi legali, gli avvocati Andrea Vernazza, Sandro Vaccaro e Francesca Pastore, decideranno entro domenica.