Mercoledì 24 Aprile 2024

I centristi in fuga dal Pd. L’addio di Borghi e Chinnici. "Con Schlein troppo a sinistra"

A sorpresa il senatore dem saluta il partito ed entra ufficialmente in Italia Viva di Renzi. Pronta a uscire con le stesse motivazioni anche l’europarlamentare siciliana: andrà in Forza Italia.

L’addio di Borghi e Chinnici

L’addio di Borghi e Chinnici

Roma, 27 aprile 2023 – Non solo il senatore Enrico Borghi in direzione Italia Viva. Anche l’eurodeputata Caterina Chinnici sarebbe sul punto di fare le valigie per congedarsi dal Pd, ma con destinazione Forza Italia. Ipotesi "stupefacente" secondo fonti del Pd. Sta di fatto che l’emorragia dei parlamentari Pd in sofferenza per la linea politica della nuova segretaria Elly Schlein non sembra arrestarsi. E dopo Beppe Fioroni e Andrea Marcucci nelle settimane scorse, ieri anche il senatore componente del Copasir Enrico Borghi, uno dei big Pd, si è aggiunto ufficialmente alla lista degli addii al nuovo partito schleiniano. In un’intervista a la Repubblica l’ex esponente dell’area neoulivista – lettiano in orgine, poi renziano e infine di nuovo nella segreteria di Letta tra il 2021-23 – sostiene infatti che "le prime scelte di Schlein rappresentano una mutazione genetica" del Pd. Rimproverando la disattenzione a partite Iva, professioni e imprese, il senatore critica la cultura liberal di stampo statunitense della segretaria, che ha trasformato il partito nella "casa di una sinistra massimalista figlia della cancel culture americana che non fa sintesi e non dialoga". Concetti ribaditi nel pomeriggio nel corso di una conferenza stampa insieme a Matteo Renzi, al cui partito Borghi ha aderito; così consentendo l’eventuale formazione di un gruppo autonomo al Senato, sebbene Iv (per il momento) non adirà a questa possibilità, tenendola come arma di negoziazione rispetto ad Azione.

L’ormai ex senatore del Pd Borghi spiega di non voler arrendersi "all’idea di una merkelizzazione di Giorgia Meloni". Ovvero di "una destra che si vorrebbe conservatrice ma che non ha i tratti dei grandi partiti conservatori europei, che si sono tutti detti antifascisti". Ed è per contrastare lo sfondamento al centro di Meloni e la sua "Opa sui moderati" che Borghi, come Marcucci prima di lui, sceglie di aderire al progetto "riformista alternativo alla destra e distinto dal Pd" di Italia viva. Con vivissima soddisfazione di Renzi. Che, a scapito delle tensioni con Carlo Calenda, rilancia il proprio progetto unitario forte del fatto che "tutti gli esponenti del mondo riformista stanno rilanciando dichiarazioni positive sulla necessità di costruire una listacoalizionefederazionesoggetto politico". Sottolineando le difficoltà di Schlein a "tener fede" al proprio mandato senza spostare il Pd su posizioni massimaliste, l’ex premier allude alle "difficoltà" nel gruppo Pd di Bruxelles.

Allusione che poco dopo trova conferma nelle voci sull’addio dell’europarlamentare e magistrata siciliana Caterina Chinnici, figlia di Rocco (fondatore del pool antimafia e vittima del primo attentato dei corleonesi nel luglio 1983), già assessore della giunta Lombardo, che dal 2014 siede a Bruxelles nel gruppo dem e nel settembre 2022 è stata la candidata Pd alle regionali siciliane. Ma secondo Renzi "in tutta Italia si stanno iscrivendo a Italia Viva cittadini, consiglieri comunali, dirigenti di altri partiti, amministratori". Al riguardo i rumors (smentiti) riguardano anche il figlio del governatore della Campania, Pietro De Luca, attualmente deputato.

Durissime le razioni specie della componente lettiana del Pd all’addio di Borghi. "Un gesto di gravità inaudita – dice Marco Meloni – Anzitutto quel che afferma sulla segreteria del Pd somiglia in modo inquietante alla caricatura che ne fanno gli ambienti di destra. Più che altro tra Borghi e il Pd scoppia la "questione Copasir". Borghi è infatti membro dell’organismno di controllo parlamentare dei servizi, e come ha annunciato ieri non intende dimettersi. I Dem sono di verso avviso, e con Boccia gli hanno chiesto ufficialmente un passo indietro. Per legge Borghi può anche non lasciare, perché sia che stia nel Pd sia in Italia viva, sempre di opposizione si tratta. Ma il problema politico resta. Unica mezza sponda riformista nel Pd viene da Lorenzo Guerini, leader di Base riformista. Che non approva la scelta di Borghi, ma che spiega: "Non va liquidata con una semplice alzqata di spalle". Come dire, il problema esiste, Schlein ne tenga conto.