Il fondamento costituzionale dei rapporti fra lo Stato e le altre confessioni religiose è contenuto nell’art. 8. In virtù del principio di laicità, lo Stato garantisce eguale tutela delle diverse religioni, in ottemperanza al rispetto dei "diritti inviolabili dell’uomo", com’è il sentimento religioso, e della "pari dignità" dei cittadini sanciti nei fondamentali artt. 2 e 3.
I rapporti delle confessioni religiose con lo Stato dovrebbero esser "regolati" sulla base di specifiche "intese", sulla scia di quanto previsto all’art. 7, che recepisce i Patti Lateranensi con la chiesa cattolica. Che mantiene una posizione privilegiata, avendo influenzato per secoli la vita sociale e culturale del Paese. Per questo il leader del Partito comunista, Palmiro Togliatti, schierò il partito a favore del recepimento dei Patti nella Costituzione, non senza suscitare il disappunto di autorevoli esponenti laici, come il latinista Concetto Marchesi. Ma Togliatti argomentò la decisione col "desiderio dei comunisti di mantenere e difendere la pace religiosa", per tenere aperto il dialogo con le masse cattoliche.
Ad essere costituzionalizzato non è il contenuto, quanto il principio pattizio. Che tuttavia non si estende quanto servirebbe alle altre religioni. Le intese, infatti, "coprono solo il 10% del totale dei non cattolici che ne avrebbero diritto", rileva Paolo Naso – giurista della Sapienza che coordina la Commissione Studi Dialogo Integrazione delle chiese evangeliche (Fcei) –, a margine del convegno organizzato l’anno scorso con la Fondazione Basso in tema di pluralismo religioso. Sia Musulmani che ortodossi romeni sfiorano i 2 milioni, e sono solo le comunità più consistenti. Si sono insomma creati "livelli gerarchici di trattamento rispetto alle diverse confessioni religiose", aggiunge Ilaria Valenzi, consulente legale della Fcei. "In assenza di norme stringenti su questa materia – continua Naso – alcune comunità di fede sono private del diritto fondamentale a riunirsi in luoghi dignitosi e riconosciuti legalmente". Oppure si scatenano polemiche se una scuola con molti musulmani rispetta il ramadan. Di qui l’urgenza di un intervento normativo diretto al "superamento delle logiche di parte, per assumere la tutela della libertà religiosa e di coscienza come questione centrale di universale rilievo democratico".
A cura di Cosimo Rossi