"Sono stato iniziato dal dolore a essere una persona migliore di quella che sarei potuta essere. Dolore provocato dai bulli. Bulli che ora non sono nemmeno più ombre nella mia vita. Non sono nulla, come se non fossero mai esistiti. Oggi ho una vita come tante, come voi. Ma è un miracolo. Io ce l’ho fatta, sono un sopravvissuto. Quindi ho un debito con il destino perché non tutti quelli che hanno subito le mie violenze hanno avuto la mia stessa fortuna".
Inizia e finisce con queste parole Ikos, il documentario autobiografico del regista Giuseppe Sciarra – vincitore di numerosi festival e candidato al David di Donatello - in cui racconta la sua storia di adolescente vittima di bullismo e omofobia, vissuta tra insulti, nomignoli, offese e botte, nella provincia pugliese. "C’erano continue violenze sia psicologiche che fisiche - racconta - quando sei un bambino, negli anni ’90, e ti chiamano omosessuale con epiteti poco carini, hai paura, associ l’omosessualità a qualcosa di negativo. Mi sentivo rifiutato, non riuscivo a integrami e le persone che mi stavano attorno non facevano nulla per farmi inserire".
Perché hai deciso di raccontare la tua storia in Ikos, qual è il suo messaggio?
"Ikos è tante cose, una rivalsa su bulli, un monito, un incoraggiamento. Ho deciso di farlo durante la prima ondata della pandemia, nel 2019. Ho pensato a questa esperienza della mia vita, che avevo già metabolizzato attraverso la psicanalisi, ma volevo concluderla facendo qualcosa di più come artista e come regista e quindi ho deciso di raccontarla in un documentario, in cui un attore, Edoardo Purgatori, la narra e la interpreta".
Ikos oggi è anche un progetto per le scuole che ti permette di incontrare studenti e ragazzi…
"I ragazzi sono molto più ricettivi rispetto a quelli della mia generazione e Ikos per loro è una terapia d’urto. Alcuni di loro hanno denunciato davanti a tutti, compagni e insegnanti, episodi di bullismo e per me questa è una grande vittoria".
Si fa ancora troppo poco contro il bullismo?
"Sicuramente da parte delle scuole andrebbe fatto un lavoro di cooperazione tra insegnanti, genitori e studenti, perché i ragazzi. Bisognerebbe anche sradicare l’idea che ci si debba difendere da soli, non tutti hanno gli strumenti e la forza per poterlo fare".
Cosa direbbe Giuseppe di oggi a Giuseppe di ieri…
"Gli darei un grande abbraccio e gli direi che non ha nulla di sbagliato".
A cura di Marina Santin