Accade spesso di leggere o sentir parlare di manifestazione "non autorizzate". Ma non occorre autorizzazione per esercitare un diritto cruciale come quello di riunirsi pacificamente. Solo delle riunioni in luogo pubblico "deve essere dato preavviso alle autorità che possono vietarle solo per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica". È stato questo, ad esempio, il caso della pandemia di Covid 19, in si sono limitati gli. E tuttavia le forme di temporanea interdizione dei cortei nei centri storici, autorizzando solo sit-in in periferia, previste dalle direttive ministeriali hanno suscitato diverse riserve da parte dei giuristi, che pur condividevano il principio di precauzione sanitaria.
Il tema non nasce col Covid. Scrive Giuditta Brunelli, ordinario di Diritto Pubblico all’Università di Ferrara: "Se quello che si respira oggi in Italia è un clima di vera e propria disgregazione del sistema di welfare costruito nel secondo dopoguerra, con inevitabili conseguenze negative sulla tenuta dei diritti sociali, non va molto meglio per i diritti civili, soprattutto quelli che si caratterizzano per una spiccata dimensione politica". Ciò vale in particolare per "le libertà di riunione e di associazione, diritti individuali ad esercizio collettivo, strettamente collegati alla manifestazione del pensiero e dunque caratterizzanti il libero dibattito democratico".
Negli ultimi anni secondo la giurista tali diritti "sono stati sottoposti a forti tensioni, attraverso interventi legislativi e amministrativi tendenti a ridimensionare surrettiziamente la portata delle relative garanzie costituzionali". Dalla cosiddetta direttiva Maroni su "le manifestazioni nei centri urbani e nelle aree sensibili" del 2009 a numerose ordinanze anti-corteo disposte dai sindaci. Rispetto alle disposizioni dell’allora sindaco di Roma Gianni Alemano è intervenuto il Tar Lazio, affermando che il diritto di riunione in luogo pubblico può essere oggetto soltanto di un divieto preventivo puntuale da parte dell’autorità, che non è il sindaco ma il questore, contro cui deve esser possibile ricorrere. "Pretendere di individuare nuovi e generali limiti al diritto di riunione, veicolati da provvedimenti adottati in evidente spregio della riserva assoluta in materia di diritti inviolabili – scrive la professoressa Brunelli – altro non è che una violazione grave della Carta costituzionale".
A cura di Cosimo Rossi