D iritto all’informazione, libertà di stampa e opinione, diritto alla privacy si stanno trasformando per l’avvento delle nuove tecnologie e i nuovi media. Si tratta di argomenti regolati dagli articoli 15 e 21 Costituzione, che tutelano la libertà e la segretezza di corrispondenza e "ogni altra forma di comunicazione" e la libertà di parola, stampa e di manifestazione del pensiero con "ogni altro mezzo di diffusione". Articoli che ricomprendono in linea di principio tutta la sfera dell’informazione e la comunicazione, ma che risalgono a quando ancora in Italia non esisteva neanche la Tv. La rivoluzione informatica e telematica pone infatti nuovi problemi.
"Rispetto ai diritti emergono due ambiti di problemi: da un lato, lo sviluppo di internet impone di valutare la regolazione di nuovi diritti; dall’altro, va ad intaccare i diritti tradizionali", osserva il proposito Alfonso Celotto, ordinario di diritto costituzionale a Roma Tre. Da un lato, quindi, il problema dell’accesso alla rete e del digital divide; dall’altro quello dello del tracciamento delle attività, del profiling e del diritto all’oblio. Nell’intervento dedicato all’Informazione per il ciclo di lezioni sulla Costituzione organizzate dall’ateneo romano il giurista evidenzia le numerose problematiche poste dalle tecnologie: la raccolta dei dati degli utenti a fini commerciali, il tracciamento e la schedatura continui che mettono in crisi la privacy, l’utilizzo degli algoritmi e l’intelligenza artificiale secondo criteri che possono essere arbitrari. Di qui il problema di chi regola i diritti, vista "la sostanziale incapacità degli Stati di regolare i fenomeni della Rete", le cui imprese sono ormai troppo forti per sottostare ai Parlamenti. Di fatto sono le stesse grandi società del web che, consapevoli dell’importanza della trasparenza e del politicamente corretto, si sono date delle regole tramite le cosiddette linee guida. Cosicché "sono gli stessi gestori dei social a incidere sui diritti di noi utenti, senza alcuna intermediazione degli Stati e senza che noi utenti possiamo fare molto per interloquire con i social stessi – sostiene Celotto – in fondo, nei social noi utenti non siamo più cittadini, ma sudditi, nel senso che rispettiamo le regole di un capo superiore, senza molte possibilità di interlocuzione democratica".
A cura di Cosimo Rossi