
“Cancel culture“, che letteralmente significa la cultura della cancellazione
Libertà vuol dire molte cose. Compreso cercare di isolare qualcuno che dice, pensa o si comporta come a qualcun altro non piace.
Ecco nascere la “cancel culture“, che letteralmente significa la cultura della cancellazione.
Il fenomeno, neanche a dirlo, si è diffuso soprattutto grazie ai social media, che attraverso la rete cercano di impedire, di fatto “censurare“ ciò che non condividono.
Anche i vocabolari hanno già fatto i conti con questo neologismo. E infatti sulle pagine della Treccani si spiega: "Atteggiamento di colpevolizzazione, di solito espresso tramite i social media, nei confronti di personaggi pubblici o aziende che avrebbero detto o fatto qualche cosa di offensivo o politicamente scorretto e ai quali vengono pertanto tolti sostegno e gradimento".
Spesso ciò avviene contro chi è ritenuto colpevole di azioni contro i diritti delle minoranze, alla parità di genere e all’uguaglianza.
In qualche modo la “cancel culture“ è associata al concetto di politicamente corretto. Anche se non è la stessa cosa.
In qualche modo ricorda l’antica “damnatio memoriae“, anche se nel passato era una vera e propria imposizione decisa dai poteri pubblici.
Mentre oggi chi decide è la rete, per certi versi anche più potente.
A cura di Olga Mugnaini