Quanto possa essere complesso difendere il diritto alla libertà di culto lo scopriamo ogni giorno vivendo in una società sempre più multietnica e multiculturale.
Fedi, sensibilità, tradizioni, aprono a continui dibattiti e ripensamenti, fra nuove scoperte della scienza , vecchie convinzioni e diversi modi di guardare alla vita.
Come affrontate temi etici in società laiche ma comunque fortemente segnate da istanze religiose?
Serve il bioeticista, ossia colui-colei che si occupa di bioetica. E’ un termine coniato per una figura professionale nuova, che sempre più spesso entra negli organigrammi delle strutture sanitarie e ospedaliere, ma non solo.
Il neologismo, non a caso, ha preso campo in seguito all’acceso dibattito degli ultimi anni su questioni etiche sollevate dalle recenti scoperte della biologia e della medicina, prime fra tutte l’uso delle cellule staminali, gli xenotrapianti, i test genetici e in generale all’applicazione delle scoperte scientifiche sull’uomo.
Il bioeticista è in sostanza un professionista della mediazione culturale: il suo compito è quello di rendere accettabili e sicure, a livello sociale, le innovazioni introdotte dalla scienza, tenendo conto delle diverse sensibilità che si vanno a toccare, come per esempio quella laica e quella cattolica.
A cura di Olga Mugnaini