Si può vincere una guerra in due. E forse anche da solo
E si può estrarre il cuore anche al più nero assassino
Ma è più difficile cambiare un’idea. Yeah. Il mio sogno è
un taglio netto a tutto. E voglio che sia più reale. Potrei stare ore ed ore a parlare al silenzio. Ma è più difficile cambiare un’idea, oh, oh. Il mio sogno è un mare acido
E dimmi se non è reale. Ma il sogno traveste di luce ogni
cosa vivente. E non toglie la paura dei fantasmi. Yeah. Eh
rispetta le mie idee. Apapaia, apapaia, apapaia, apapaia, apapaia. Bisogna far rispettare le nostre idee, ma per farlo bisogna iniziare a rispettare quelle altrui.
Questa riflessione ha ispirato i Litfiba una delle canzoni più
apprezzate della prima parte della loro carriera. Si chiama “Apapaia” e brilla fra i pezzi del secondo album del gruppo fiorentino, quel “17 re” pubblicato dalla I.R.A. Records nel dicembre 1986, che rappresenta il secondo riuscito capitolo della trilogia del potere, nobilitata da
brani che esprimono una spiccata critica nei confronti del totalitarismo. Poco importa infatti se l’Apapaia del titolo sia la papaia, una pianta, un frutto tropicale o una parola che non ha un significato preciso, ma che Piero Pelù ha inserito nel testo come una sorta di grido di battaglia contro le guerre. Quello che conta è sottolineare quanto sia “difficile cambiare un’idea” e anche il desiderio di averle queste idee “per sopravvivere e mille, mille, mille non bastano”.