Domenica 6 Ottobre 2024

Morì per una trasfusione infetta, il Ministero della Salute condannato per un milione di euro

L’uomo fu contagiato 39 anni fa al Cto di Napoli, dove era arrivato per una frattura al femore. Nel 2000 scopri di avere l’epatite C e 15 anni dopo la morte. Sentenza simile a Catania

Napoli, 20 marzo 2024 – Muore per una sacca di sangue infetto, il Ministero della Salute condannato a pagare un risarcimento milionario. È la storia di un uomo di Mugnano di Napoli, D.L., morto a 77 anni dopo atroci sofferenze per un’epatite C.

Era il giugno del 2015, ma secondo la famiglia la causa del contagio risalirebbe a trent’anni prima quando, nel 1985, fu ricoverato al Cto di Napoli per una frattura al femore. All’epoca l’uomo aveva 47 anni e fu sottoposto a una trasfusione di sangue, dove sarebbe stato contagiato dal virus. E pochi giorni fa i giudici hanno dato ragione alla moglie e ai figli della vittima, condannato il Ministero per “omissione di controllo sul sangue”. Qualche settimana fa, altra condanna a favore degli eredi di un uomo di Catania, Nunzio Valenti, morto 29 anni da dopo una trasfusione con sangue infetto. 

La malattia e la morte

Tutto è iniziato nel 1985 con il ricovero dell’uomo al Centro traumatologico ortopedico di Napoli, arrivato in ospedale per una frattura al femore. L’uomo, che ai tempi aveva 47 anni, fu sottoposto a una trasfusione di sangue che – secondo la tesi del tribunale – lo ha infettato con il virus dell'epatite C. Quindici dopo, nel 2000, scopre di avere sviluppato il virus epatico, fino ad arrivare alla morte nel giugno del 2015, dopo atroci sofferenze a seguito di complicanze collegate alla cirrosi epatica.

La sentenza

È stata accolta dai giudici di Casoria la tesi portata avanti dai legali della famiglia dell’uomo, condannando il Ministero della Salute al risarcimento di oltre un milione di euro, oltre alle spese legali. “I familiari – spiega il loro legale, Piervittorio Tione – hanno deciso di dare inizio alla causa al tribunale partenopeo per ottenere la condanna del Dicastero della Sanità al pagamento di un risarcimento sotto un duplice profilo: per il cosiddetto danno 'iure hereditario’, cioè i danni fisici e morali e per il cosiddetto danno 'iure proprio’, cioè danno morale che spetta ai congiunti più stretti (coniuge e figli) che vedono finire in modo traumatico la relazione con il proprio caro”.

L'iter processuale si è concluso nei giorni scorsi, quando la sezione distaccata del tribunale di Napoli, presieduta dal giudice Maria Rosaria Giugliano, ha riconosciuto la colpevolezza del Ministero della Salute. Come spiega ancora l'avvocato Tione, “il caso degli eredi di D.L. è particolare, in quanto gli stessi sono riusciti a dimostrare che è esistito il nesso-collegamento tra la trasfusione di sangue subita nel 1985, l'insorgenza e la diagnosi dell'epatite, l'evoluzione in cirrosi e il decesso”.

La famiglia è riuscita a far condannare il Ministero della Salute per “omissione di controllo sul sangue”, ottenendo il risarcimento dei danni fisici e morali che spettavano all'uomo deceduto. Ma non è finita qui. Per il legale della famiglia della vittima, “vinta la causa, che di certo non restituirà il proprio caro alla famiglia, ma che ancora una volta sancisce la responsabilità grave ed esclusiva dello Stato per le tante morti da sangue infetto, ora viene il compito più arduo: spingere il Ministero a pagare quanto meritatamente ottenuto davanti ad un tribunale in tempi relativamente brevi”.

Il risarcimento

Per i familiari, l'epatite C sarebbe stata causata da una sacca di sangue infetto. Una tesi accolta ora dalla sezione distaccata di Casoria del tribunale di Napoli, che con una recente sentenza ha condannato il Ministero della Salute al pagamento di oltre 171mila euro alla moglie dell'uomo (che all'epoca del decesso aveva 77 anni) e i quattro figli della coppia (che sempre nel 2018 avevano un'età compresa tra dai 51 ai 43 anni), oltre ad altri 195mila euro quale danno biologico terminale e danno catastrofale. Più di un milione di euro, oltre alle spese.

I precedenti

È di poche settimane fa una sentenza simile a quella di Napoli: il tribunale di Catania ha condannato il Ministero della Salute a un risarcimento di circa 500mila euro nei confronti della vedova e dei due figli di un uomo, Nunzio Valenti, morto 29 anni fa dopo aver contratto l’epatopatia cronica Hcv in ospedale a causa di sangue infetto.

La vittima, nel giugno del 1981, fu ricoverata nell'ospedale Umberto I di Siracusa e sottoposta a emotrasfusione che gli causò il contagio da epatite da virus Hcv. La famiglia ottenne un primo risarcimento di circa 530mila euro, come disposto dal Tribunale di Catania che condannò il Ministero della Sanità, colpevole di non aver controllato il sangue dei donatori: 482.493 euro quale risarcimento del danno per il paziente, e 48.000 euro per la coniuge quale risarcimento del danno cosiddetto "da rimbalzo", per il disagio susseguente alla malattia del marito.

Il 3 marzo del 1995 il paziente morì, per via di quella patologia, per cui i legali della famiglia presentarono una nuova denuncia questa volta per il danno legato alla morte del loro congiunto. Dopo quasi 30 anni, è arrivata la sentenza e nei 500mila euro di risarcimento sono comprese le spese degli avvocati.