Venerdì 8 Novembre 2024

Angelina la sognatrice si racconta a Soundcheck: "Cerco l’amore della gente"

Da Amici a Sanremo e all’Eurovision: la stagione d’oro della giovane Mango. "La competizione non mi interessa, quel che conta è l’esperienza che fai".

È uno sguardo in cui scintilla la luce delle stelle quello regalato ad Angelina Mango dalla vertigine della popolarità. Una gloria accumulata passando dal secondo posto di “Amici” alla vittoria del Festival di Sanremo e da lì spiccare il volo verso il sole di quell’Eurovision che le ha sciolto un po’ della cera sulle ali senza interrompere, però, il volo a planare verso un primo album, Poké melodrama, impreziosito dalle presenze di Marco Mengoni, Bresh, Dani Faiv e Villabanks.

"Ho vissuto quest’anno ad occhi spalancati, smaniosa di accumulare esperienze e imparare la vita" racconta la figlia d’arte per eccellenza della canzone italiana, 23 anni, sulla poltrona di Soundcheck, il format musicale del nostro giornale, nell’attesa di presentare l’album ai fan dei centri commerciali (il 2 giugno a Ravenna, il 3 a Casalecchio, il 6 a Milano, il 10 a Roncadelle, Brescia, l’11 a Livorno, il 12 a Corciano, Perugia) e poi incrociare i palchi dei festival estivi. Prologo live del tour che l’attende in autunno nei locali italiani (19 ottobre Nonantola, 21 Firenze, 26 e 27 Milano) e stranieri. "Avrò tempo per riposarmi più avanti. Anche perché questo, per me, non è un lavoro stancante nel vero senso della parola. È la mia vita".

Se lo sarebbe mai immaginato?

"No, perché non sono una sognatrice e quindi fatico ad avere obiettivi alti. Cosa che, però, ha un doppio risvolto positivo, abbassa lo stress e aumenta lo stupore quando si raggiungono certe mete".

Per le vacanze potrebbe scegliere le Hawaii, che sono terra del poké…  

"All’inizio l’eterogeneità dell’album mi ha un po’ preoccupata, poi però mi sono resa conto d’essere io così; una persona abituata ad andare in tante direzioni che in studio non intende precludersi alcunché. Da qui l’idea di evocare l’insieme di sapori del popolare piatto di pesce marinato. Considero, infatti, questo disco un poké realizzato con gli ingredienti giusti".

Perché dice di volere “una vita melodrama, una vita da gitana”? Non le bastava una vita come quelle dei film?  

"Perché io sono melodrammatica, anzi disfattista. La persona più disfattista del pianeta. Abituata a guardare le proprie emozioni attraverso una lente capace di trasformare in tragedie pure le più piccole negatività. E questo in fondo mi piace, perché diventa uno stimolo a scrivere canzoni".

Edmund e Lucy porta la firma sua e di suo fratello. La Mango Dinasty, dunque, continua…  

"Per me quel brano è un gioiello, un diamante, la cosa più pura che con mio fratello potessimo fare, tornando a fare canzoni assieme come ci accadeva da piccoli. Tutto è nato da una traccia di piano che Filippo mi ha inviato su whatsapp. Ho scritto il testo, l’ho cantato, e, quando gliel’ho rispedita con la mia voce, s’è ammutolito: eravamo riusciti, infatti, a raccontare la nostra storia, il nostro legame familiare, senza dirci una parola. Ecco perché quando gli ho chiesto di mettere nel disco pure quel brano, che ritenevo essenziale, mi ha detto subito di sì".

Il successo è bello, ma ha pure le sue controindicazioni.  

"Il rapporto con il pubblico è come una relazione d’amore. E dell’amore accetti tutto. Penso che non esista cosa più bella dell’affetto della gente".

All’Eurovision ha portato una performance praticamente perfetta, che con un filo di empatia in più avrebbe potuto spingerla, forse, anche più in alto del settimo posto.  

"A Malmö come a Sanremo, la classifica non è mai stato un pensiero. Ero lì per l’esperienza, non per la competizione, e sono totalmente soddisfatta di come è andata. Ho trovato l’Eurovision una grande scuola e mi sono goduta quel palco fino in fondo. Sono fiera di essere riuscita a fare tutto divertendomi. Penso che la gente da casa l’abbia percepito e non vedo l’ora di andare in tour in Europa per ritrovarne tanta sotto al palco".